Avevo promesso a papà (reduce) che quando sarei andata in pensione avremmo fatto un viaggio a Cefalonia dove lui si trovava in quel tragico settembre del ’43.
Purtroppo Lui se n’è andato prima della mia pensione, ma il desiderio di vedere Cefalonia a me era rimasto.
Così quest’anno, con mio fratello, siamo riusciti ad organizzare il viaggio.
Siamo partiti i primi giorni di settembre e come primo luogo da visitare è stato il Monumento dedicato al ricordo della Divisione Acqui ad Argostoli. E lì, casualmente abbiamo avuto la prima piacevole sorpresa. Eravamo in religioso silenzio pensando a quanto era successo a quei poveri soldati quando arrivano delle vetture. Dalla prima esce l’Agente Console Onorario Sig.ra Graziella Micheletti che apre il cancelletto; poi cinque marinai con il Col. Enrico Frasson l’Addetto della Difesa dell’Ambasciata d’Italia in Atene ed infine il Vescovo Cattolico Joannis Spiteris che generalmente risiede a Corfù ma in quei giorni a Cefalonia e con il parroco Cattolico di Cefalonia Padre Simonel Boanchish. Così, senza saperlo, noi quattro, unici presenti, abbiamo presenziato a questa commemorazione piuttosto intima. Al termine dell'orazione e della benedizione i marinai hanno deposto una corona , mentre il Col. E. Frasson ha letto al Vescovo una lettera di ringraziamento del Presidente dell’ANDA Giuseppe Dalpiaz. Abbiamo poi saputo che i marinai erano della Nave Caroly, ed è un veliero. A bordo ci sono i giovani ufficiali allievi guardamarina dell’Accademia Navale di Livorno e si trovava nel porto di Argostoli per uno scalo tecnico. Ecco perché la cerimonia era un fuori programma.
Il secondo giorno abbiamo appuntamento con l’arch. Bruna De Paula.
L’arch. De Paula è una donna speciale; da anni si dedica con passione, amore e competenza a tenere vivo il ricordo dei soldati della Divisione Acqui a Cefalonia. Ci ha dato delle preziose informazioni, per come muoverci ed i luoghi più significativi da visitare, dove ci furono gli eccidi più efferati e tante altre notizie utili.
In quei giorni era arrivato nel porto di Argostoli il veliero “PALINURO” della Marina Militare Italiana ed era stato programmato un convegno per presentare il libro scritto dal Dott. Marco De Paolis, Procuratore Generale Militare presso la Corte Militare d’Appello , con Isabella Insolvibile :”CEFALONIA”.
Grazie a Tiziano Zanisi, che ci ha procurato quattro inviti, abbiamo potuto partecipare anche noi. Che emozione salire a bordo di una nave così ricca di storia; essere accolti con il fischetto come usano i marinai. Il più emozionato era mio fratello che aveva fatto il servizio militare in marina proprio all’Accademia Navale di Livorno.
Domenica nove settembre Commemorazione ufficiale al Monumento. Dopo il rito Religioso vengono deposte tre corone. La prima della Marina Militare, la seconda dell’Esercito mentre la terza era quella della Divisione Acqui. Mentre assistevo alla cerimonia sotto un sole cocente il mio pensiero andò a papà ferito, a tutti i soldati come lui, prigionieri, che erano stati ammassati nel cortile della Caserma Mussolini senza cibo, senza acqua… e sotto quel sole!!
Al termine la medesima delegazione si è recata presso la fossa dove furono gettati i corpi degli ufficiali uccisi alla casetta rossa.E lì mi sentì raggelare il sangue. E’ vero che la guerra porta morti e distruzioni ma almeno pietà per i morti. Come può un essere umano infierire su dei cadaveri! No, non può appartenere al genere umano chi commette certi orrori !! Mi sono venute in mente tutte quelle povere mamme, mogli, figli ed affetti vari di tutti quegli ufficiali uccisi le quali non avranno neanche il conforto di una tomba dove pregare, deporre un fiore… Siamo poi scesi fino a Capo S. Teodoro; abbiamo dato uno sguardo a quella nuova casa rossa che ci ricordava tanto dolore malvagità.
L’ultima meta era quella di recarsi a Capo Munta perché era il luogo dove si trovava papà, dove fu ferito e fatto prigioniero. Capo Munta è una località a sud di Cefalonia dalla natura ancora incontaminata, il turismo e la cementificazione lì non è ancora arrivato. Ci siamo fermati in una spiaggetta ed abbiamo fatto un bagno in quel mare così limpido e cristallino. Arrivata l’ora del pranzo ci siamo recati a Kateleios. Al termine del pranzo diciamo al ristoratore il motivo del nostro essere li. Lui ci guarda, cambia espressione del volto e diventa serio. Ci dice che suo padre, nato nel 1930, le raccontava che i soldati Italiani le davano sempre del pane da mangiare, mentre i tedeschi lo cacciavano malamente Ci salutò dicendoci :” chissà, forse vostro padre avrà dato del pane a mio padre”.
Chissà!!! Conoscendo papà penso proprio di si
.Non è la prima persona che incontriamo e quando diciamo che siamo dell’Acqui per un viaggio della memoria, tutti parlano bene dei soldati italiani e si commuovono al ricordo di quello che hanno subito.
Non mi sono mai sentita così tanto orgogliosa di essere un’Italiana figlia di un soldato dell’Acqui.
I giorni erano pochi e sono volati, i luoghi da visitare sono rimasti tanti e questa sarà l’occasione per ritornarci.
L’unico rammarico è di non aver potuto visitare il Museo ad Argostoli. Purtroppo è aperto solo nelle ore serali e noi anzianotti non ce la siamo sentiti di guidare di sera su strade che non conoscevamo e poco illuminate. Non si può tenere aperto un Museo solo di sera perché non tutti pernottano ad Argostoli.
Cefalonia è bellissima, ci ha accolto con un caldo sole ed un venticello che accarezzava. Chissà che sensazione avrà provato papà in quel giugno del ’43, Lui che veniva da terre nebbiose d’inverno ed afose d’estate.
I Cefalioti sono delle belle persone, sempre sorridenti, calorosi, ma quello che io non posso dimenticare è il cielo di notte. Io un cielo così pieno di stelle non ricordo di averlo mai visto.
Che siano le anime dei nostri cari soldati a renderlo così luminoso??
Infine grazie anche a te Bruna per la preziosa collaborazione, per quanto fai per l’ANDA e per la causa del “NON DIMENTICARE”. Spero di vederti presto
Cormano, settembre 2018
Vanda Ambroso
Cari colleghi Presidenti,
in allegato, lo stralcio originale della pubblicazione del 07 Ottobre 1968 in cui l'On. Giovanni Giraudi, reduce di Cefalonia, presente in parlamento nella ricorrenza del 25° Anniversario dell'eccidio, dopo aver affrontato le varie problematiche ed i fatti accaduti in quel periodo, ricorda il Gen. Apollonio con le seguenti parole:
“A Cefalonia, sin dal 12 ottobre 1943, viene costituito, ad opera dell'allora Ten. Apollonio, il primo nucleo del raggruppamento Banditi Acqui, che compie opera di infiltrazione nei confronti dei tedeschi ed atti di sabotaggio, mettendo per questo il riconoscimento della popolazione greca (che all'atto della partenza dei tedeschi dall'isola, il 17 settembre 1944, vuole innalzare sulla Piazza di Argostoli la bandiera italiana) e il riconoscimento del comando generale dell'esercito greco e del quartier generale alleato del medio oriente che concede l'onore, a quel raggruppamento, di poter rientrare in Patria con le armi individuali e di reparto.
Altri soldati e ufficiali, prendono contatto gli “andartes" passano ad Itaca e poi in terra ferma e continuano la lotta con i partigiani greci, affrontando un futuro gravido di incognite, di pericoli, di sofferenze morali e materiali. Il glorioso sangue dei caduti e dei fucilati ribolliva nella terra che lo aveva assorbito e generava uno spirito nuovo, affinato dalla recente tragica esperienza, reso più gagliardo dal dolore sofferto, ammaestrato dalle crudezze e dalle nefandezze perpetrato a danno degli italiani, in aperto disprezzo di ogni norma civile e morale: lo spirito di operare perché quegli orrori non avesse mai più a ripersi!" […]
“Signor Presidente, Onorevoli colleghi, Onorevole Ministro nel commemorare i cinquemila caduti della Divisione Acqui, nel 25° del loro sacrificio, mi sia consentito rinnovare il nostro cordoglio ai familiari, alcuni dei quali so essere presenti in tribuna, a testimoniare la nostra affettuosa riconoscenza ai superstiti qui convenuti per essere con noi vicini ai loro caduti; ad essi, ai vivi ai morti diciamo che questa giornata non si risolverà soltanto in accenni di commozione ed in espressioni di gratitudine e di esaltazione; essa, se vuole essere veramente proficua, deve tramutarsi in atti concreti di azione, ispirata ai nobili ideali per cui la Acqui si immolò silenziosamente, e stimolarci, in base a questo prezioso patrimonio morale, a compiere sempre meglio il nostro dovere per dare vita ad una società più dominata dalla violenza, dall'odio, dalla supremazia dell'uomo sull'uomo o di una razza su di un'altra, non più ispirata alla falsità ed alla ambiguità, ma, al contrario, attestata su principi di verità, di lealtà, di amore, di onore di solidarietà, come hanno insegnato i cinquemila caduti, con il loro estremo sacrificio, destinato a muovere i destini dell'uomo, così almeno auspichiamo, “finchè il sole risplenderà sulle sciagure umane"."
Nella foto dell'articolo in allegato il Ten. Piero Bigatti fucilato alla casetta rossa il 24 settembre 1943 (astigiano, amico e concittadino dell'On. Giraudi).
Spero di aver fatto cosa gradita e di aver portato una utile testimonianza per la causa quale stiamo discutendo. Un caro abbraccio a Voi tutti.
Maschio Cav. Luigi
Presidente Acqui
Sez. Piemonte Sud – Asti
Caro Luigi,
ho avuto la fortuna di conoscere l’On. Giovanni Giraudi poiché ha partecipato a due dei primi “Viaggi della Memoria” che ho organizzato a Cefalonia e Corfù all’inizio degli anni ’80. Era una persona di grande spessore morale e ancora oggi posso dire di essere stato fortunato nel conoscerlo. Faceva parte di un gruppo di dirigenti della nostra Associazione che mi hanno dato molto sul piano morale e comportamentale al punto di convincermi ad impegnarmi per il resto della mia vita per valorizzare la “Memoria” dei nostri caduti (era ed ero molto amico del Dott. Rossi della Sezione di Brescia, altro personaggio che ha fatto la “Storia della nostra Associazione”). Oggi loro non avrebbero avuto difficoltà a contestare (avendola anche vissuta questa parte della storia) le tesi scritte ultimamente e sostenute da alcuni giornalai (scusate lo sfogo). Purtroppo il tempo passa e sui documenti di quei tempi e sulla memoria ognuno cerca di fare i propri interessi. Approfitto per ricordare il Generale Apollonio col quale ho avuto la fortuna di organizzare tutti i viaggi successivi a cui hanno sempre partecipato moltissimi superstiti che hanno sempre dimostrato una grande considerazione di lui. Da ultimo ricordo che Apollonio ha voluto partecipare al suo ultimo viaggio quando era in condizioni fisiche drammatiche al punto di lasciarci dopo circa 2 mesi dal ritorno. (Questo evento mi ricorda molto il marito della nostra cara Presidente Graziella Bettini).
Caro Luigi Ti ringrazio per avermi offerto la possibilità di ripercorrere una parte importante della mia vita.
Ti ringrazio per i ricordi ,
DINO BORGONOVI
15 gennaio 2017
Ci è arrivata questa bella lettera della signora Marta Zuccotto. Con il suo gentile permesso la pubblichiamo al fine che tutti la possano leggere e possano far tesoro dei valori insiti nella stessa.
Spett.le Redazione,
innanzitutto mi voglio congratulare e ringraziare per il meticoloso lavoro di ricostruzione e attualizzazione della triste vicenda della Divisione Acqui.
Vi scrivo dalla provincia di Verona quale fiera nipote di un reduce deceduto in Patria (Frison Marco) all’onorevole età di 87 anni, il 29/04/2000.
E’ da pochi anni che mi interesso all’intera vicenda, nonostante ne abbia sempre sentito parlare fin da bambina da mio nonno seppur a frammenti finchè è stato tra noi.
La sua storia è comune a quella di molti altri, nato in una famiglia molto numerosa della campagna veronese, contadino, custode ed addetto al bestiame, chiamato alla guerra in “tarda età”rispetto ad altri.
Allego per vostra opportuna verifica ed aggiornamento del vostro archivio, una sua foto ed il suo foglio matricolare con quello di suo cugino (Frison Gianni reduce anche lui, deceduto in patria il 28/12/1988)partito con lui e, a quello che so io, sempre rimasto con lui fino al ritorno.
Come tutti i reduci, mio nonno non amava molto ricordare quelle vicende, né parlava veramente poco ed io non avevo ancora l’età giusta per essere consapevole e porre le giuste domande…
In ogni caso so per certo che lui si è “salvato” perché essendo un cosiddetto “veterinario dei poveri” a casa, in guerra fu assegnato “non ufficialmente” all’infermeria. Immagino che il fatto di essere molto pratico nel curare gli animali costituisse un elemento a favore in quel frangente….
Lui stesso mi ha confessato di non aver mai ucciso nessuno, ma di aver visto corpi devastati arrivare in infermeria.
So che fu fatto prigioniero ma che fu trattato “bene” dai tedeschi per la stessa ragione di cui sopra…
Nominava spesso il nome di un capitano tedesco (che io purtroppo non ricordo) che gli aveva rivelato che il suo cognome “Frison” doveva avere origini nordiche in quanto la “Frisia” era, ed è tuttora, una regione tra Germania, Danimarca e Paesi Bassi.
Da questi particolari,e dopo aver letto ultimamente numerosi libri sulla vicenda, ho capito che lui è stato davvero fortunato nonostante tutto, ed è stato benvoluto da tutti molto probabilmente perché ha dovuto “soccorrere”indistintamente entrambe le parti….
Aveva imparato anche qualche parola in tedesco, oltre che in greco ovviamente, mi ha salutato fino all’ultimo giorno con un “Kalimera”.
So che finchè ha potuto, è riuscito a mandare a casa dell’olio che gli dava una bambina del posto in cambio di pane o altre piccole cose.
Dalle ricerche sul vostro sito ho capito che lui all’inizio deve essere stato a Corfù, ma lui ha sempre nominato molto di più Cefalonia, non so se vi è stato trasferito in seguito.
Conservava gelosamente anche una lettera di un suo capitano italiano che gli aveva scritto molto dopo la fine della guerra, in cui veniva ringraziato ed omaggiato per il suo servizio. Purtroppo mia madre nel fare pulizia dopo la sua morte non ha pensato di tenerla.
E’ stato iscritto all’Associazione e so che ha partecipato a qualche evento ma so anche che poi non ha più voluto perché certi ricordi gli facevano troppo male.
Piangeva solo a sentire l’inno in qualsiasi occasione, e si è commosso tanto quel giorno che è stato convocato presso i carabinieri del nostro paese (Isola della Scala) per ritirare la croce, che ora, assieme al fazzoletto giallo, riposa con lui per suo espresso desiderio.
Mi ha lasciato quei pochi spiccioli che sono tornati con lui, e che custodisco gelosamente, di cui vi allego foto.
La sete di sapere mi ha portato per la prima volta nel 2012 ad assistere alla Cerimonia di Commemorazione presso il monumento a Verona, a conoscere personalmente la Sig.ra Caleffi, e per una fortunata serie di coincidenze ad avere la possibilità di poter incontrare a breve il Prof. Claudio Toninel che spero potrà aiutarmi ad approfondire ulteriormente le mie ricerche.
Ho trascorso le ultime vacanze estive a Cefalonia a settembre 2016, sono stata al monumento, alla fossa, alla Casetta Rossa, l’unico rammarico è non essere riuscita ad individuare il museo ma sono sicura che tornerò nuovamente.
Ho provato delle emozioni molto forti là, non si può non avvertire una certa “aria” che aleggia ancora in quei luoghi.
In questo periodo sto leggendo “I traditi di Corfù" di Paolo Paoletti, per approfondire anche i fatti accaduti là.
Spero di aver contribuito con queste righe ad aggiungere un piccolo tassello al vostro archivio, e rimango fiduciosa di ricevere qualche altra notizia se in vostro possesso.
Continuate in questo prezioso e minuzioso lavoro, è fondamentale conservare la memoria!
Marta Zuccotto
Risposta
Gentile Marta,
Lettere come la sua aprono veramente il cuore. Sono parole, le sue, che si leggono con vero piacere. Le chiederei gentilmente il permesso di poterla pubblicare fra le “lettere al sito”. In quanto al prezioso materiale che mi ha mandato , lo userò per aprire un fascicolo ad personam per il suo nonno e per il cugino.
I fascicoli andranno poi depositati nel nostro istituto storico perché rimangano a memoria perenne.
Orazio Pavignani
Risposta
Sono davvero commossa nel leggere la sua risposta e La ringrazio davvero per le sue parole. Le accordo il permesso di pubblicare tutto senza problemi. Sono io la prima ad esserne onorata mi creda. Io sono nata nel 1977 e ho potuto stargli accanto fino ai 23 anni compiuti. Per me è stata una figura davvero importante, gli sono cresciuta accanto e non c'è giorno che non ringrazi per quello che mi ha trasmesso. La guerra lo aveva segnato ma ha avuto anche la forza di trarne degli insegnamenti e dei valori che mi ha lasciato in eredità. Grazie mille per avermi risposto così prontamente. Avrei il desiderio di iscrivermi all'Associazione se possibile.
Marta Zuccotto
Spettabile redazione dell'Associazione “Acqui", sono fiero ed orgoglioso di aver indossato, in incarichi di Comando, le gloriose mostrine del 17° rgt. “Acqui".
Vorrei ricordare la figura del S.Ten. Francesco RICCIARDI del 17° reggimento di fanteria “Acqui", di cui allego la foto.
L'Ufficiale era originario di Capua (CE), nato il 19 novembre 1919 da Ciro e LEONELLI Gaetana. Abitava a Via Seggio dei Cavalieri n. 5 in Capua. Anche lui come tanti giovani non fece più ritorno nella sua amata città.
Fu uno dei 129 Ufficiali fucilati il 24 settembre del 1943 a Capo San Teodoro nella località demonimata “Casetta Rossa".
Il S.Ten. RICCIARDI era Comandante di Plotone Cannoni del 17° reggimento di fanteria “Acqui" assegnato alla 9^ compagnia.
Sono sicuro di aver fatto una cosa giusta per rendere onore a questo giovane, purtroppo dimenticato dalla maggior parte dei suoi concittadini.
Io sono fiero di Lui. Onore ai nostri caduti. Onore ai Caduti della Divisione “Acqui".
Grazie della Vostra attenzione.
Enzo FIORE
Mi chiamo Iride e sono molto anziana, ho 89 anni, ma tutti dicono portati bene. Sono nata in un paesino del nostro Appennino, Castelluccio di Montese (MO). Sono l’ottava di nove figli e ormai conto solo una cara sorella, la più piccola, quella che accudivo. La mamma aveva nove figli, la casa da mandare avanti e il lavoro duro, nei campi con mio padre. Eppure siamo cresciuti con tutta la miseria che c’era e il brutto periodo di quell’epoca, ma in armonia.
La nostra era davvero una famiglia unita che la Grande Guerra ha distrutto. Come vorrei parlare di solidarietà, di umanità, ma come faccio. Due miei fratelli partirono militari uno, il più grande, lo spedirono in Albania, e il più giovane, Amedeo di 22 anni, in Grecia. Il grande tornò, ma come tornò?! Con i fantasmi delle atrocità vissute che non si possono scordare in una intera vita e te la segnano perché quello che hai visto è più grande di te stesso e non ci sta dentro di te, ti preme e ti martella per sempre, lo vedi prima di chiudere gli occhi quando vorresti riposare… i fantasmi non ti daranno mai pace e ti perseguitano sempre.
Amedeo invece, il mio caro Amedeo.. l’ultimo ricordo che ho di lui e che per farci credere che non aveva paura e che dovevamo stare tranquilli, il giorno che è partito scese le scale fischiettando e salutandoci con la sua mano. Ricevemmo alcune cartoline poi più nulla. Un giorno arrivò una lettera nella quale erano scritte 5 parole così fredde ed impersonali che ci lasciarono agghiacciati: Bernabei Amedeo disperso in guerra.
Nonostante le nostre ripetute ricerche non abbiamo mai avuto risposta dagli organi militari. Un po’ di solidarietà per una famiglia provata da un dolore così grande non c’è mai stata. Non è stata mai fatta nessuna ricerca.
Non si riesce ad avere notizie … Solo questo ci hanno sempre affermato. I miei nipoti sono andati in vacanza a Cefalonia ed hanno scoperto casualmente che esisteva il Sacrario della Divisione D’Acqui. Ricordandosi dei nostri racconti dell’ultima Guerra sono entrati per rendere omaggio ai caduti e lì hanno scoperto la lapide di Amedeo.
Hanno fatto delle ricerche in quel luogo ed ora sappiamo! Ora so dove riposa e che è stato ammazzato in trincea quando ormai la guerra era finita durante un bombardamento aereo. Non si può ormai neppure sapere chi stava bombardando, se gli aerei amici americani o i tedeschi, in quel periodo c’era il caos più assoluto.
Amedeo è là, non è solo ed è vicino ad altre mille lapidi di ragazzi poco più di ventenni, morti per un ideale politico che ci ha rubato tanti ragazzi. E’ così amaro, non ho avuto nessuna risposta dalla mia terra ma l’ho avuta dalla terra da noi offesa tanti anni fa , e con tanta umanità e tanta semplicità. Non so se alla mia età riuscirò mai ad andarlo a vedere, è così lontano! Ma non dal mio cuore. Quando rimango da sola e non c’è nessuno vicino a me chiudo gli occhi e lo sento fischiettare e allora lo saluto e dico una preghiera.
Racconto di nonna Iride in memoria del fratello Amedeo Bernabei soldato della Divisione Acqui disperso a Cefalonia.
Casa Protetta di Granarolo dell'Emilia (Bo)
La presente per comunicare che in data 19 luglio 2015 ho posto una targa in memoria di caduti di Capo Munta.
Distinti saluti.
Dott. Pranco Paggi
Questo è quanto il dott. Paggi ci fa sapere e, a nome di tutta l'Associazione Nazionale Divisione Acqui, la redazione gli invia i più sentiti ringraziamenti per questo nobilissimo gesto.
Per chi non sapesse quanto successo a Capo Munta, ci sembra doveroso pubblicare un resoconto tratto dal libro di Don Luigi Ghilardini “I martiri di Cefalonia" terza edizione pubblicata nel settembre 1955 dalla Scuola Tipografica Derelitti di Genova. Pubblichiamo inoltre anche il materiale fotografico inviatoci dal dott. Paggi. (ndr)
[…] Dopo il successo ottenuto nella prima giornata, di combattimenti, il generale Gandin, oltre ad emanare l’ordine di operazioni inerenti alla battaglia per Kardakata, affidava al Comando della fanteria divisionale l'incarico di studiare e attuare entro il giorno 18 una azione intesa a eliminare il presidio tedesco di Capo Munta. L'azione venne affidata a un battaglione di formazione agli ordini del maggiore Altavilla. Nei giorni 16, 1 7 e 18 venivano ammassate nella zona di Scala la 7" e la 10ª· compagnia del 17° fanteria, aliquote della 4" rinforzate da un plotone di mitraglieri di Corpo d'Armata, quattro plotoni di mortai da 81.
E due pezzi da 75/46. Il mattino del 18, il capitano Bianchi e Il tenente Albanese, travestiti da civili greci, si presentavano al caposaldo tedesco per vendere dell’uva. Avevano modo cosi di riconoscere i varchi nei reticolati e individuare le postazioni delle mitragliere e di alcune armi automatiche. Sul far della sera il maggiore Altavilla faceva assumere ai reparti il seguente schieramento intorno al caposaldo tedesco; la 1ª compagnia (capitano Bianchi, tenente Lorenzon), a destra guardando Capo Munta; la 7" compagnia (capitano. Balbi, tenente Miorelli), al centro; il plotone mitraglieri di Corpo d'Armata a sinistra; il Plotone mortai del tenente Lovati, dietro la 1ª compagnia; il plotone mortai del tenente Cei e del tenente Meneghini, sopra l'abitato di Scala, a sinistra, i due pezzi da 75/46 al comando del tenente Albanese, sopra l'abitato di Scala, a destra.
L'attacco, che doveva venir iniziato alle ventitré e trenta, in seguito a ritardo causato da difficoltà incontrate nell'effettuare lo schieramento, iniziava soltanto alle ore tre e trenta del giorno 19. Dopo una inefficace preparazione di artiglieria – in mancanza di munizioni adatte, vennero impiegate granate perforanti – un razzo rosso segnava l'inizio dell'azione.
I fanti, guidati da magnifici ufficiali, scattavano all'attacco, e nonostante la vivace reazione opposta dai tedeschi, che sparavano con mitragliere da 20 a pallottole traccianti, riuscivano con balzi successivi, a serrare sotto approfittando di alcuni terrazzi coltivati a vite disposti trasversalmente alla direzione d'attacco.
Sebbene le perdite assumessero proporzioni rilevanti, i plotoni raggiungevano il primo ordine di reticolati, nel quale, mentre tutte le armi automatiche sparavano rabbiosamente, alcuni animosi praticarono varchi.
Dato che il secondo e il terzo ordine di reticolati era ancora in costruzione, alcune squadre riuscivano a penetrare nel caposaldo. Ma quivi venivano tosto inchiodate dalle armi automatiche tedesche che aveva buon gioco essendo il terreno completamente scoperto.
Anche qui si ripeterono gesti di sublime ardimento, di slancio e di passione. Il tenente Miorelli cadeva colpito a morte mentre si accingeva a soccorrere con fraterna pietà il capitano Balbi già gravemente ferito.
Il tenente Crapanzano stramazzava ugualmente al suolo tentando in un ultimo disperato assalto di avventarsi su una postazione nemica.
I fanti gareggiavano in ardimento con i loro ufficiali, Antonio Radaelli e Nestore Arduini penetravano per primi nel caposaldo nemico; il caporal maggiore Bertoletti e il fante Antonio Bagni mostravano nel corso dei combattimenti tale valore ed accanimento da suscitare l ammirazione dei loro stessi compagni.
Mentre il tenente Lorenzon con audace manovra stava aggirando il caposaldo sulla sinistra, il capitano Bianchi, rimasto ferito, doveva venir allontanato dal campo di battaglia.
La vittoria sembrava tuttavia arridere ai nostri, allorché – sulle prime luci dell'alba – sopraggiungevano nove Stukas. Dopo aver sorvolato alcune volte Il caposaldo per farsi un’idea esatta dell'ubicazione delle forze si avventarono In picchiata sui nostri, causando gravi perdite e non poco scompiglio.
Nonostante i nobili e generosi tentativi del tenente Sanson, diveniva impossibile mantenere le posizioni, cosicché il maggiore Altavilla era costretto a rinunciare definitivamente all'impresa e a ordinare Il ripiegamento.
Triste fu la sorte riservata ai feriti rimasti sul terreno dentro il caposaldo nemico.
A nulla valsero le energiche proteste del cappellano Don Luigi che, sfidando l'ira tedesca, si presentò con l'autoambulanza a Capo Munta per prelevarli e curarne Il trasporto all' ospedale. .
In quell'occasione il tenente Rademaker fece dire al cappellano don Luigi che avrebbe restituito i prigionieri se avesse ottenuto dal generale Gandin Il ritiro delle truppe italiane oltre Marcopulo. Messo in comunicazione telefonica col generale e riferito quello che gli era stato chiesto, il generale rispondeva con un rifiuto che venne comunicato al comandante tedesco.
La stessa risposta negativa, ebbe pure il cappellano del 17° fanteria, don Angelo Ragnoli.
Successivamente, il tenente Rademaker diede ordine di passare i feriti per le armi, suscitando persino le proteste di un suo soldato che non intendeva compiere un atto così disonorevole e inumano.
Tra i fucilati, oltre al tenente Crapanzano, è l'eroico capitano Balbi, che nel dicembre 1940 a Himara, con la sua magnifica 7ª compagnia, aveva sbarrato al nemico la via dì Valona.
Inoltre vi fu anche il sottotenente del genio minatori Alberto Germani, di stanza a Zante. Egli partì dalla sua isola quando sentì che a Cefalonia si combatteva contro i tedeschi. Era con diciotto soldati, e per disgraziata sorte andò ad incappare proprio a Capo Munta, dove furono fatti prigionieri e poi fucilati ( 1 ).
(1) A Zante le truppe italiane avevano ceduto le armi ai tedeschi. Qui viene da chiedersi, più che altrove, il motivo per cui questi nobilissimi soldati vennero sacrificati. Avevano esercitato un riconosciuto diritto di guerra, sprezzando a costo della vita la larvata prigionia che la assicurava e, presi, subiscono la fucilazione. Ma forse era la rappresaglia contro il sentimento d'amore verso la loro povera Patria, sentimento che, unico, li guidava alla ricerca di attestarlo.
Sono due anni che conservo questa lettera che ho trovato al Monumento di Cefalonia – forse non tutti i membri dell’Associazione Nazionale Divisione Acqui sanno che mi onoro di esserne la Custode.
Dicevo che sono due anni che ho trovato questa lettera ai piedi della croce di marmo bianco, lasciata con una pietra sopra per evitare che il vento se la portasse via. Non so chi l’abbia scritta, ho un “sospetto” ma non sono sicura. Ovviamente ha pochissima importanza chi sia l’autore. È la lettera di una figlia ad un padre. Ho custodito questa lettera per due anni e ancora non sono sicura se sia giusto o meno pubblicarla … Spero di fare bene! Questa è una lettera di riconciliazione di una figlia con un padre, che è stato anche soldato e reduce e, come scrive la figlia, ogni ora di vita era per lui un regalo da assaporare e rispettare. (Ho evitato di trascrivere i nomi per la Privacy, magari qualcuno di voi potrebbe capire dai nomi chi sia l’autrice della lettera. (Bruna De Paula da Cefalonia)
“Eccoci qui, non è un caso, nella terra che ti ha generosamente ospitato e ridonato a noi, a dispetto di coloro che, con tanta ferocia, volevano spegnere la tua speranza. Eccoci qui, insieme, a dispetto di antiche incompren-sioni e futili contrasti, e pensare a te, a te come uomo, come soldato e reduce, come padre …
Molte volte abbiamo contrastato i tuoi atteggiamenti, il tuo modo di vivere la vita, ma stupidamente ci dimenticavamo che ogni anno, ogni giorno, ogni ora era per te un regalo, dovevi spenderlo bene, dovevi assaporarlo, dovevi rispettarlo! Forza di volontà e tenacia sono state le tue grandi doti, ti abbiamo aspramente criticato per ciò che hai tolto alla mamma, la tua cara P…, con cui hai condiviso la vita e la morte.
Ma il tuo passato pesava sulle tue spalle, bussava alla tua anima e, purtroppo, come tutti i drammi è stato difficile da superare, anzi, impossibile chiudere la pagina per dar sfogo alla tua vera natura di uomo libero!!!
Sei dovuto sottostare a troppi condizionamenti: difficili natali in una famiglia troppo povera e numerosa, la chiamata alle armi, la prigionia, il ritorno, la voglia di riscatto a dispetto di quel cuore che, ovviamente, non ha retto agli sforzi mirati a dare un futuro migliore alla tua famiglia … e poi, quel filo conduttore di tutta la vita, la dolce ma tenace P…, sempre al tuo fianco, sempre pronta a sorreggerti e difenderti, sempre presente, anche nei momenti più bui, sempre nel tuo cuore, nella tua anima sino al tuo ultimo alito di vita … Un amore grande che ti ha ricompensato di grandi sacrifici ed amarezza! Eh sì, inutile dire che noi figli ti abbiamo dato riconoscenza e rispetto incondizionato!
Non è vero! E sarebbe ingiusto santificarti ora che te ne sei andato; come sempre succede, quando una persona muore e non ci da più “fastidio”, tendiamo a cancellare quanto di quella persona ci ha “infastidito”, quanta “resistenza” abbiamo creato intorno ad essa, quanto irrico-noscenti siamo stati!!! Ora è troppo tardi per tornare indietro! È falso ed ipocrita un atteggiamento mesto e contrito! Bisognava capirsi in vita, aiutarti a superare il buio che si allargava dentro di te e che tu esprimevi con quegli atteggia-menti che tanto ci indispettivano! Ora è tempo di riflettere, di dare alle parole il giusto peso e significato, di valutare le azioni non le intenzioni!!! Quando la mamma ci ha lasciato io sono entrata in un limbo senza luce, non pensavo di uscirne poiché il dolore era troppo forte, la mancanza troppo crudele … e ti ho abbandonato, sì, è la parola giusta!
Poi mi sono sentita un verme, un essere senza cuore, una vera carogna!!!
Ma so che una persona ti ha amato tanto e, incondizionatamente, ti ha assistito e vegliato tutti i giorni, nei momenti più bui della tua vita, e non mi riferisco alle piaghe della guerra, ma a quelle di una mente, di un cuore e di un’anima senza luce, senza futuro … quel figlio che ti ha lavato dagli escrementi che tu oramai non contenevi più, che ti ha parlato, accarezzato, imboccato, salvato dalla solitudine e da un mostro ancora più grande: L’abbandono!!!
Quel figlio che tu hai chiamato sino all’ultimo invocandolo!!!
Sì, è vero, tu non hai nominato i tuoi figli biologici, nel momento del trapasso, ma solo coloro i quali, a dispetto delle tenebre che avvolgevano il tuo cervello ed il tuo cuore, ti tendevano un filo di luce, P… e G….
Adesso ti saluto, caro papà, so che un po’ del tuo cuore è rimasto su questo suolo; dove si provano sentimenti così profondi e sconvolgenti, qui rimane parte della tua anima …
Non ti ho capito fino in fondo, mi dispiace!!!
Ti ho giudicato senza tener conto delle cicatrici del tuo passato!
Mi sono ingiustamente proclamata giudice dei tuoi atteggiamenti e modi di porti, non valutando le cause e gli effetti sotto la giusta prospettiva …
TI chiedo scusa, profondamente scusa per tutto il male che ti ho fatto con la mia indifferenza e cinismo. È giusto che tu non mi abbia nominato nell’atto estremo, sono però contenta che dal profondo del tuo martoriato “io” abbia collegato il nome della mamma a quello di G…, mio marito, perché ti ha amato tanto e con semplicità e spontaneità continua a farlo. Ti voglio bene, tua FIGLIA
Roma 1/11/2014
Mi chiamo Garreffa Marina e mi sento figlia di un Eroe!
Tanti sono gli uomini come mio padre,di molti non si conosce nemmeno l'esistenza eppure sono vissuti e hanno scritto un pezzo di storia…ma sono rimasti comunque anonimi, tante pedine anonime senza giustizia…è molto difficile per me scrivere e cercare di raccontare quel poco che sò perchè mio padre non raccontava molto, non poteva e non riusciva, ogni volta che facevo domande i suoi occhi si riempivano di lacrime le sue mani tremavano ed io vedevo il mio eroe il mio papà così indifeso e pur di non procurargli quel dolore smettevo subito di fare domande…
Lui aveva fatto parte del 317° Reggimento della Divisione Acqui sterminata a Cefalonia ed era uno dei tanti superstiti che era riuscito a tornare a casa, era tornato un uomo buono senza odio o rancore per quello che aveva subito ma con un peso e un bagaglio enorme, mio padre è morto il 18 giugno del 2003 e quel bagaglio di morte e dolore lo ha portato con se in cielo…ma sopratutto ha portato con se il dolore dell'abbandono subito in tutto quell'orrore.
Mio padre si chiamava Garreffa Giovanni ed era un soldato della Divisione Acqui, non ha mai avuto un riconoscimento ma rimane un Eroe per me che sono orgogliosa di essere sua figlia e che cerco di raccontare quel poco che sò cercando di tenere a freno le lacrime…
Perdonatemi, non sono una scrittrice e non sò esprimermi al meglio e i miei ricordi dei pochi racconti che mio padre mi ha fatto sono stralci, frammenti che spuntano nella mia memoria…io ora non sò se i soldati sono stati ingannati, però mio padre insisteva che l'ordine di ribellarsi ai tedeschi arrivò e loro ubbidirono ad un ordine e scusate potrebbe venire chiunque a dirmi il contrario ma io gli credo e gli crederò sempre e non credo che tutti quei soldati siano morti per manie di protagonismo ,sono morti per la Patria…hanno esguito degli ordini!
Mio padre faceva parte di quei soldati messi alla fucilazione alla casetta rossa, mi raccontava che prima di fucilarli i tedeschi gli diedero da mangiare e gli venne detto che non gli sarebbe stato fatto alcun male e invece a gruppi di 8 per volta vennero portati poco lontano e fucilati…mi raccontava: “sentivo le raffiche…gli spari" il terrore nei suoi occhi non si può descrivere…e venne il suo momento il suo gruppo di 8…il Cappellano della Compagnia, Padre Romualdo Formato inizio ad urlare cercando di salvarli gridando contro i tedeschi affrontandoli, ma mio padre era già in fila e partirono gli spari, il buio svenne per la paura quando si svegliò, il sangue dei suoi compagni gli scorreva addosso …era ancora vivo ed era illeso i tedeschi vedendolo cadere pensarono fosse morto…riusci a nascondersi in una pianta di olivo cava che credo sia ancora lì alla casetta rossa a volte nelle foto l'abbiamo vista e lui me la indicava.
Ci rimase per 6 giorni bevve la sua pipì per non morire e rimase immobile, poi lo accolse una famiglia greca lo aiutò lo sfamò e lo nascose non sò per quanto…ma i tedeschi continuavano a passare per le strade con dei volantini " chiunque avrebbe nascosto un italiano e sarebbe stato scoperto veniva ucciso con tutta la famiglia".
Mio padre non voleva mettere a repentaglio chi lo aveva aiutato e si consegnò ai tedeschi.
Venne deportato: campo di sterminio di Mauthausen. Mi raccontò che quando era in fila per consegnare gli oggetti di valore aveva una catenina con una medaglia, un'immagine sacra di pochissimo valore che gli mise la collo la mamma quando era partito, la ingoiò per non farsela togliere, quella medaglia la porto al collo io ora come un amuleto, lì vide tutto l'orrore possibile ma mi diceva sempre che i soldati tedeschi non erano cattivi ma eseguivano gli ordini mi raccontò di un soldato tedesco di 26 anni che si rifiutò di uccidere 16 bambini ebrei e allora fù messo al muro con loro …diceva “sai quel soldato messo alla fucilazione con i bambini in quel momento si sentì libero! abbracciò i bambini e si fece fucilare con loro! “
Ebbe modo anche di conoscere il famoso medico che faceva esperimenti sulle ossa …spezzava le ossa ai bambini per vedere come sopravvivevano…. nella vita del campo la fame era tanta e si mangiavano le bucce delle patate per sopravvivere e così si ingegnò e creò un distillatore di fortuna e privandosi della sua razione distillava della grappa, la sera la metteva sulla finestra dello stalag e durante la notte compariva un pezzo di pane nero che divideva con i suoi compagni, grazie a quel soldato tedesco che amava la grappa mio padre e altri sono riusciti a sopravvire alla fame, continuava a dirmi che i soldati esguivano ordini che nessuno poteva definirsi cattivo, i cattivi erano i famosi kapò!
In quegli anni ideò la fuga e ci riuscì…una famiglia del luogo lo accolse e lo aiutò, riuscì ad arrivare a Trieste fu accolto da un'altra famiglia che gli diede da mangiare e lo nascose in un fienile e mi diceva “quando nè hai passate tante …diventi come un animale sviluppi tutti i tuoi sensi e per me c'era troppo silenzio quel silenzio mi faceva sentire soltanto il mio cuore battere nelle tempie…io ero nella parte sopra del fienile …si spalancò all'improvviso la porta di sotto e vedo le divise delle SS, mi avevano tradito…gli italiani…mi avevano tradito! dietro di me la finestra mi lancio e cado per un piano, mi faccio male ad una gamba, rimango a terra e il frustino del tedesco sulla faccia mi spacca la guancia…vedi la cicatrice?"
Aveva la cicatrice sul viso la indica e tremava e piangeva…lo deportarono di nuovo …Stalag XVII-A Kaisersteinbruch dove fù torturato …odiava i cerini gli furono messi sotto le unghie e accesi…un rubinetto che gocciava lo faceva impazzire… fu legato ad una sedia messo con una goccia sulla testa continua per 3 giorni e tre notti.. e chissà cosa non ha raccontato.
Venne messo a lavorare in una fabbrica di armi…lì vedeva ogni giorno la fila per le camere a gas, gente che entrava rassegnata e il compito più ingrato poi era di quelli che dovevano togliere i capelli e i denti ai cadaveri che venivano accatastati uno sull'altro in vista dove tutti potevano vedere quell'orrore…
Mio padre riusci a tornare vivo ma con un fardello che lo ha tormentato per tutta la vita, ma tornò un uomo buono senza idee di vendetta o rancori, molto tormentato nel suo interiore, non ci ha mai spinto nè a odiare nè a colpevolizzare nessuno il suo grande dolore era solo di non essere riconosciuto per il suo valore ed era anche per i suoi compagni morti che non erano potuti tornare ..
Il suo dolore era l'insabbiamento l'omertà!
Il giorno prima di morire mio padre aveva un filo di voce quasi non si capiva quello che diceva ma aveva capito che di lì a poco sarebbe morto e voleva togliersi un pò del peso che aveva dentro fece un cenno a me e mio marito e ci disse:" nel garage di casa sullo scaffale in alto c'è una scatola di latta prendila ma devi aprirla solo quando sono morto"..
L'ho trovata quella scatola era una vecchia scatola di latta di quelle dei cioccolatini…legata con un nastro rosso ho pensato: “ci saranno le lettere d'amore scritte con la mamma quando era in guerra".
Con tutta la mia emozione l'ho aperta e dentro c'era un mondo …una vita, c'erano delle foto che i soldati della Divisione si scambiavano alla casetta rossa, ogni foto ha il nome e cognome sul retro i soldati che andavano alla fucilazione alla casetta rossa se le passavano sperando che se qualcuno fosse rimasto vivo le avrebbe fatte avere ai familiari, e il tesserino di soldato della divisione il foglio matricolare la foto dela famiglia greca che lo ha salvato e protetto la foto dello stalg c'era un mondo…
Non sono una scrittrice e capisco mi sono dilungata mi scuso, ma descrivere le emozioni non è mai facile… e spero che questi miei pochi ricordi possano aiutare e far partecipe chi legge, chi ha subito e chi è figlio o figlia come me di un Eroe!
La dedico a tutti i superstiti della Acqui e li abbraccio tutti come fossero il mio papà, a tutti i caduti, ai deportati e a tutti i figli che hanno vissuto lo stesso mio percoso … e una dedica speciale a Padre Romualdo Formato che mio padre ricordava con tanto amore!
Giovanni Garreffa nasce a Brugnano Zaffirino (RC) il 29 aprile 1922.
Parte per il servizio di leva nel maggio del '41 nel distretto ilitar4e di Reggio Calabria. Viene poi trasferito, per l'addestramento, a Merano nel deposito del 18° reggimento fanteria e da qui assegnato al costituendo 317° reggimento fanteria. Nel maggio 1942 imbarcatosi a Bari sbarca nell'isola di Zante nella quale, assieme al resto del reggimento, rimane sino alla primavera del '43.
Trasferito a Cefalonia vive la pacifica occupazione fino al fatidico 8 settembre. Il 15 settembre inizia la battaglia contro i Tedeschi protattasi sino al 22 e culminata col terribile massacro dei soldati italiani che si arrendevano o venivano catturati.
Scampato allo scempio, viene fatto prigioniero e inviato in internamento in Austria dove, dopo le immense sofferenze subite, viene liberato dai Russi nel maggio del '45.
Rientra a reggio calabria solo in agostro dello stesso anno, e dopo aver avuta una licenza straordinaria di 60 gg. viene congedato nel mese di novembre. (op)
L’attestato che mi hanno consegnato, e che unisco in copia, riporta solo il nome e cognome di mio zio ed è la prima volta che lo vedo scritto senza essere preceduto dal grado militare di Tenente. In questa circostanza è stato infatti considerato un semplice civile come gli altri e quindi “solo” un uomo che combatteva per la libertà di tutti noi!
La “semplice” indicazione sottostante di “Combattente per la Libertà” è, a mio avviso, la più alta onorificenza che mio Zio Cesare poteva ottenere dal proprio Popolo ed anche la più gloriosa missione per la quale donare la propria vita.
Ora tocca a noi risollevare la nostra nazione!
Luigi Baldasseroni
Il Tenente Cesare Baldasseroni comandava la settima Compagnia del II Battaglione del 17° Reggimento Fanteria Divisione “Acqui". Fu trucidato il 22 settembre 1943 nel campo di Troianata assieme ad altri 30 ufficiali e a 600 soldati. (ndr)
9 gennaio 2014
La famiglia Neri, originaria di Gallina (RC), all’inizio del secolo scorso si trasferì a Tortora (CS), dove, il 14 aprile 1903, nacque mio nonno Francesco, secondo dei tre figli di Angelo e Maria Gabriele.
Per un errore dell’Ufficiale dell’anagrafe, fu registrato con il cognome “Nero”, ma lui continuò a dichiararsi sempre come Francesco (Ciccillo) Neri e come tale figura nei documenti militari in mio possesso.
Intraprese il servizio militare, raggiungendo il grado di sergente maggiore e imparando (grossomodo) a leggere e a scrivere da adulto: in questo modo cercò di riscattarsi dalla condizione di povertà in cui era vissuto da giovanissimo.
Nel suo Foglio Matricolare si può leggere che, in data 23 marzo 1943, mio nonno fu dichiarato “disperso in seguito agli eventi bellici” e, come tale è ancora iscritto nella lapide dedicata ai caduti in guerra di Tortora.
In realtà si tratta di una notizia non vera, come dimostra la lettera, anch’essa allegata alla presente (lato A e lato B), che egli indirizzò a mia mamma Rosina, all’epoca quindicenne e sua unica figlia supersite (altri tre figli erano morti negli anni precedenti).
La lettera, firmata e giunta a Tortora il 26 gennaio 1944, porta infatti la data del 4 settembre 1943.
La contraddizione è spiegabile con il fatto che, non essendo mai giunta ufficialmente la notizia della sua morte, mia nonna Luigia Rattacaso, rimasta sola con mia mamma, non poteva avere la pensione. Riuscì ad ottenerla solo nel 1955 in seguito all’interessamento delle autorità municipali dell’epoca che, probabilmente, fecero dichiarare la morte presunta del marito: la data del 23 marzo è dunque fittizia.
Ad aprire uno spiraglio sulla vicenda è intervenuta, qualche anno fa, la testimonianza di un altro tortorese, il Signor Iorio Giuseppe, anch’egli presente a Cefalonia in quei tragici giorni e finito poi internato in un campo di prigionia in Germania.
Il Signor Iorio (zu Peppu), prima di passare a miglior vita, mi confidò che, nei giorni successivi all’8 settembre, mio nonno, con molti altri prigionieri, fu imbarcato dai tedeschi su una nave e quindi ucciso e buttato in mare (non ricordo se mi parlò addirittura dell’affondamento della nave).
Io non ne feci parola con mia mamma, morta poi nel 2004, perché per lei la ferita era rimasta sempre aperta.
Negli anni successivi si è incominciato a parlare dei fatti di Cefalonia e sono stato fiero di mio nonno.
Qualche settimana fa ne ho parlato con il prof. Francesco Mandarano, il quale mi ha segnalato il sito internet sui martiri di Cefalonia, dove ho potuto riscontrare che, tra di loro, vi sono alcuni componenti della 158a Compagnia – lavoratori genio, la stessa cui apparteneva mio nonno.
È per questo che, sempre su segnalazione del prof. Mandarano, mi rivolgo a Lei affinché possa dirmi qualcosa in più su questa storia.
Nel ringraziarla per quanto potrà fare e in attesa di una sua risposta, resto a disposizione per compiere ulteriori indagini (mi occupo di ricerche storiche) e le porgo i miei più cordiali saluti.
Biagio Moliterni
Calata Abatemarco, 15
87020 Tortora (CS)
24 maggio 2014
Gentile sig. Biagio,
Scusandomi per il ritardo con il quale le rispondo le dico che, purtroppo, non nè facile aggiungere molto a quanto lei ha già ricostruito in merito alle vicissitudini di suo nonno di quel periodo storico. La sua storia trova riscontro in quelle di tanti altri che non ebbereo la fortuna di rientrare in Patria e che, molto probabilmente non ebbero compagni vicino, che potessero testimoniare della sua sorte.
Nell'evoluzione di questa vicenda bellica tante sono le variabili, soldati in fuga che si sparpagliavano perdendosi di vista, scoppi di bombe che ne potevano cancellare completamente le tracce, esecuzioni di massa con relativi falò che distrussero i corpi dei nostri soldati.
Moltri sono i resti di soldati non riconosciuti che riposano nel Sacrario dei Caduti di Oltremare di Bari e molti probabilmente potrebbero essere ancora in qualche luogo in terra Greca, come ad esempio i resti dei Caduti nello scoppio della nave Ardena che ancora giaccono a 30 metri di profondità, nel mare di Cefalonia vicino ad Argostoli.
Tutto quello che ci è dato sapere sui dispersi è dovuto alla fortuna di avere trovato delle testimonianze di superstiti che ne riportassero il nome, e da quel punto si è potuto tracciare una probabile e generalizzata collocazione nell'ambito della tragedia che colpì la Divisione Acqui.
Una cosa ora è certa: il materiale che ci ha gentilmente messo a disposizione, ci darà la possibilità di creare un fascicolo con il nome di Neri Francesco da inserire nell'archivio del nostro Istituto Storico, affinché la sua memoria non sia più cancellata.
Orazio Pavignani
27 febbraio 2014
Buongiorno,
ho trovato fra le carte della mia nonna materna, che faceva la maestra fra le due guerre in un paese dell’appennino parmense, questa lettera inviata il 19 giugno ’43 dalle isole Greche da un suo alunno, Remigio Vignoli, del 317° fanteria Acqui, che eventualmente potrebbe in qualche modo essere utile alle vostre ricerche. Un cordiale saluto.
Paolo Conforti
27 febbraio 2014
Spett Paolo,
la ringrazio vivamente per questo preziosissimo invio. Ho già fatto una ricerca di massima e il soldato in oggetto non appare in nessun elenco. Un'altro tassello che trova il proprio posto nell'ambito della ricostruzione dei ruolini della Divisione Acqui.
Quello che le posso dire è che, la Compagnia Comando del II battaglione del 317° Fanteria era di riserva nel villaggio di Frankata, nella valle di Omaha, a due passi dal Monastero di S. Gerasimos.
Grazie mille apriremo un fascicolo su questa persona da mettere nel nostro istituto storico presso l'Università di Arezzo.
28 febbraio 2014
Carissimo Orazio,
mi ha fatto molto piacere che la lettera le possa essere stata di aiuto.
Io credo che tutti abbiamo un debito verso la memoria, e sapere di aver trovato un posto nel ricordo a questo ragazzo fino ad oggi sconosciuto mi dà la sensazione di aver fatto qualcosa per lui. Dopo 70 anni qualcuno lo ricorda. Se lo sapesse credo che ne sarebbe contento.
Io faccio l’architetto, e una volta, in un restauro di un vecchio palazzo qui a Parma, trovai una piccola scatola di latta sotto un pavimento, con un biglietto dove due muratori di 180 anni fa, firmandosi con nome e cognome, chiedevano un ricordo a chi avesse trovato la scatola. Tutte le maestranze presenti, nessuno escluso, dissero una preghiera. Fu un momento molto intenso.
La sensazione di benessere che accompagna il ricordo è dovuta al trasporto in una realtà extratemporale, che consente di sfuggire al quotidiano e di trovarsi in una dimensione immateriale, cioè esterna al tempo, a cui tutti apparteniamo, al di là di questa breve esperienza terrena.
Il nome di questo ragazzo rimane ora nel ricordo. Sento di aver contribuito a un tassello di memoria.
Un cordiale saluto
Paolo
28 febbraio 2014
Caro Paolo,
la ringrazio per questa bellissima disamina sulla memoria, piena di profondità e sentimento.
Orazio
Le due fotografie che proponiamo di seguito sono spesso state pubblicate in modo improprio, su giornali con articoli riguardanti l'eccidio della Divisione Acqui. Sapevamo che queste foto riguardavano la fucilazione del generale Chiminello ma troppo spesso sono state usate per rappresentare la fucilazione dei nostri ufficiali, ma come leggerete in seguito, l'unica cosa che le lega alla Divisione Acqui è il fatto che il Generale Chiminello è stato comandate della Divisione Acqui dal 24 ottobre 1942 all' 11 giugno 1943, sostituito da Arduino Garelli in forma provvisoria, sostituito a sua volta dal Gen. Antonio Gandin il 18. giugno 1943. Mi è parso giusto, quindi, pubblicare la lettera del figlio del caduto della Divisione Perugia.
03 luglio 2013
Spett. Redazione,
Mi chiamo Vincenzo Rago, e sono il nipote del Ten. Vincenzo Rago, M.A.V.M., fucilato a Kuç (Albania meridionale) il 07.10.1943 dai tedeschi del I Btg. 99 Rgt. I divisione Gebirgjager.
Da diversi anni stò conducendo una ricerca sulle drammatiche sorti della divisione “Perugia”, in parte pubblicata sul sito www.kuc.altervista.org
Le drammatiche vicende della 151 Divisione Fanteria “Perugia” hanno molto in comune con quelle della “Acqui”. Gli assassini, in primis. Dopo l’eccidio di Cefalonia e di Corfù i tedeschi sbarcarono in Albania e completarono lo sterminio dei soldati italiani in quella che battezzarono operazione “spaghetti”.
Alto punto di “contatto” tra le due divisioni è il comandante. Infatti al comando della Acqui, prima del Gen. Gandin vi era il gen. Chiminello che, nell’agosto del ’43, ha poi assunto il comando proprio della “Perugia”. Il generale Ernesto Chiminello venne fucilato il 4 ottobre 1943 insieme al Maggiore Sergio Bernardelli, capo di stato maggiore della Divisione.
Come riferisce l’attendente Bastianello ed anche il radiotelegrafista Coraglia (oltre altri) l’esecuzione avvenne alle 16.45. Essi sentirono le scariche seguite dai colpi alla nuca. La fucilazione avvenne a Baia Limione, una piccola insenatura poco a nord di Sarande. Della fucilazione esistono due drammaticissime foto (che allego) che provengono dall’archivio privato di Roland Kaltenegger.
Nelle foto si distinguono bene le figure di Chiminello (con i galloni da generale di divisione sulla manica) e Bernardelli. Ed io che sono stato più volte sul posto posso confermare che il luogo corrisponde esattamente a Baia Limione. Anche l’ora coincide. Considerando la data, 4 ottobre, e le coordinate geografiche dalla lunghezza ed inclinazione delle ombre proiettate al suolo dai due ufficiali si può affermare che le foto sono state scattate intorno alle ore 17.00.
D’altro canto a Cefalonia, così come a Corfù, non vi erano altri generali. Una delle due foto (la seconda) compare nella vostra pubblicazionfotografica http://www.associazioneacqui.it/pagine/DivisioneAcqu.ppt.pdf , precisamente a pagina 288. La stessa viene spesso anche nei filmati della RAI sempre riferendola, impropriamente, alle vicende di Cefalonia. Vi chiedo dunque di precisare, nella pubblicazione in oggetto, che la foto in questione si riferisce alla fucilazione del gen. Chiminello, comandante della divisione “Perugia”.
Vincenzo Rago
03 luglio 2013
Spett. signor Vincenzo,
sarà mia cura provvedere alla correzione della didascalia il più presto possibile.
Ringraziandola per il chiarimento, cordialmente la saluto.
Orazio Pavignani
03 luglio 2013
Gentilissimo signor Orazio
La ringrazio per il suo tempestivo riscontro. Seguendo il vostro esempio anche noi familiari della “Perugia” stiamo lentamente cercando di dare vita ad una associazione. E’ un lavoro difficile anche perché ho cominciato da solo. Poi pian piano sono riuscito a raccogliere una ventina di familiari di ufficiali fucilati e due preziosissimi superstiti.
La saluto con la speranza di poterla risentire presto.
Vincenzo Rago
03 luglio 2013
Sempre a sua disposizione.
Dal momento che diamo un aiuto anche ai familiari dei Caduti della nave Oria se vuole approfittare del nostro sito sarà un piacere ospitarla.
Orazio Pavignani
04 luglio 2013
La ringrazio per la cortese disponibilità.
Per me e per tutti i familiari della “Perugia” sarebbe un onore essere ospitato sul maggiore sito di informazione sulle sorti dei nostri soldati nella II G.M.
Grazie
Vincenzo Rago
23 giugno 2013
di Mario Saccà
La Medaglia d’onore concessa con legge dello Stato ai cittadini italiani deportati in Germania nei lager nazisti Gaetano Renda, nato a Sambiase nel 1923, l’ ha avuta il 2 Giugno di quest’anno, dalla mani del Prefetto di Catanzaro e del Sindaco di Lamezia Giovanni Speranza. Pochi sapevano che quell’ uomo è uno degli ultimi reduci della strage di Cefalonia compiuta dai tedeschi a danno dei soldati italiani dopo la firma dell’ armistizio dell’ 8 Settembre 1943. La storia di quello scontro fra ex alleati, durato circa 20 giorni e concluso con la fucilazione di migliaia di nostri militari , è stata riproposta negli ultimi anni dal Presidente della Repubblica Ciampi nel corso della visita del 2001 ai luoghi dove avvennero i combattimenti.
Nel 2006 il Parlamento licenzio’, dopo un oblio di oltre sessanta anni, la legge che riconosceva ai reduci ed ai civili imprigionati nei campi di concentramento nazisti la Medaglia d’ Onore della Presidenza del Consiglio. Gaetano Renda la mattina della Festa della Repubblica, accompagnato dall’ affetto della figlia, del genero e dei nipoti, era seduto sulla sedia a rotelle e non ha trattenuto le lacrime quando gli è stata consegnata la Medaglia d’ Onore. I suoi occhi vedono poco, ma nella sua mente sono tornate le immagini di quei giorni tragici durante i quali dovette assistere alla strage dei suoi compagni d’ arme. La storia l’aveva raccontata a me il Martedì 6 Novembre 2012 nella sua casa di Sambiase, presenti i familiari e il genero Albino Gigliotti che mi aveva parlato di lui qualche giorno prima su Corso Numistrano, dove ci siamo rivisti, per caso, dopo molti anni. Quelli della generazione che ha combattuto nella II guerra mondiale hanno vissuto in famiglie numerose dove i bambini lavoravano fin dall’età scolare in aiuto ai genitori che, contadini oppure operai dell’ edilizia, avevano nella sola forza delle braccia gli strumenti per mettere insieme le risorse necessarie.
Tuttavia costruirono un robusto punto di riferimento che li portò a realizzare una vita dignitosa e un altrettanto sicuro avvenire per i figli. Anche Gaetano fu fra questi. Iniziò a raccogliere le olive a 10-12 anni dopo avere frequentato le prime classi elementari. Il padre era muratore e la madre si occupava della casa e dei numerosi figli. Quelli avuti con il primo marito dovevano aiutare i piu’ piccoli, nati dalle seconde nozze della donna.“ Lavoravo solo per mangiare” racconta , e la mia gioventù è trascorsa così, con rari momenti di svago con i coetanei , in prevalenza nei giorni festivi o nelle ricorrenze tradizionali. Gli anni fra le due guerre mondiali erano quelli del fascismo e la sua generazione crebbe in quel contesto. L’ istruzione pre militare settimanale era un appuntamento al quale era difficile sfuggire. Il podestà di Sambiase in quel tempo era Rubino, l’ istruttore del “Sabato fascista” Dario Mauro.
Marce, percorsi di guerra, tecniche di combattimento erano le esercitazioni prevalenti. Nelle cerimonie ufficiali i “ Balilla” venivano convocati per far parte delle parate. Renda ricorda la visita di Vittorio Emanuele III e la rassegna ai soldati che partivano per la guerra. Mussolini lo vide a Santa Eufemia allorchè, intervenendo in occasione della bonifica della piana, aveva promesso che al loro compimento sarebbe diventata una città. Non sbagliò, oggi Lamezia lo è. Il nostro intervistato non amava il fascismo per due motivi: si stava male e col lavoro delle braccia si poteva appena campare. Inoltre mancava la libertà di parola e pronunciarne qualcuna sbagliata comportava l’ arresto da parte dei carabinieri. Anche dopo la guerra ha mantenuto invariato il suo punto di vista.
art.1, commi 1271-1276, legge n°296 del 2006
Nel 1982 il presidente Pertini ruppe il nostro imbarazzo sull’ evento recandosi in visita di Stato nell' isola per esaltare i caduti italiani di Cefalonia e della vicina Corfù. E pochi mesi prima il governo della Repubblica (premier Cossiga) aveva inviato il ministro della Difesa a presiedere una manifestazione di massa a San Pellegrino, in Lombardia, per rievocare la tragedia delle isole ioniche. Era in quegli anni che cercavamo di restituire alla Resistenza il suo carattere di lotta nazionale al di sopra di ogni aspetto ideologico. Non era facile. Cefalonia ha sempre fatto discutere. Era il primo vero atto della nostra guerra di Liberazione (assieme alla resistenza nel Dodecanneso) e questo non rientrava nello schema storiografico prevalente.
Giunsero per lui gli anni della maggiore età che coincisero con l’inizio della II guerra mondiale. La visita di leva la sostenne nel Maggio 1942, dopo il compimento del 18° anno; seguì il congedo provvisorio. Ma nel Gennaio 1943 , a 20 anni ed a conflitto iniziato, fu arruolato nel 61° Reggimento Fanteria ( brig. Sicilia) con destinazione Trento. Trascorso il periodo di istruzione fu trasferito a Montecorvino ( SA) e da lì a Brindisi. Inquadrato nel 16° RF ( brig. Savona) a Giugno del 1943 si imbarco’ per la Grecia.
Giunto nella zona di guerra fu assegnato al 17° Reggimento della Divisione Acqui, prima a Patrasso e successivamente, nel Luglio, a Cefalonia. Erano quasi mille , utilizzati come complementi furono divisi fra vari reparti. Renda andò ad Ar-gostoli, capoluogo dell’ Isola, quando arrivarono le unità tedesche. La guerra non aveva sviluppi positivi per loro e neppure per gli italiani.
Paese era stato attaccato dalle forze alleate, sbarcate in Sicilia nel Luglio del ’43. I germanici avevano incassato il colpo e stavano ritirandosi verso Salerno per opporre maggiore resistenza all’ avanzata anglo- americana utilizzando la linea Bernhardt nei pressi di Mignano Montelungo e la linea Gustav a Montecassino. Un soldato tedesco, probabilmente deluso per quegli eventi disse a Renda “ Tu andare a combattere in Sicilia”, significando che la difesa dell’ Italia non riguardava piu’ le divisioni di Hitler ma solo i nostri connazionali. I soldati italiani di Cefalonia avevano saputo della caduta e dell’ arresto di Mussolini il 25 Luglio ma non avevano festeggiato. Qualche giorno prima dell’ 8 Settembre il generale Gandin, comandante della Divisione Acqui, aveva chiesto al nostro Gaetano da dove proveniva preannunciandogli l’arrivo di buone notizie molto presto. Evidente il riferimento alla firma dell’ armistizio di Cassibile poi reso noto via Radio, pur essendo stato firmato qualche giorno prima dopo numerosi contatti segreti fra gli uomini del Re e i rappresentanti Alleati. “ Ascoltammo l’ annuncio all’a vicina emittente della Marina. I nostri soldati esultarono e festeggiarono sparando in aria, verso il mare. Gli ufficiali intervennero subito per frenare gli entusiasmi. Ci dissero che il nemico era alle nostre spalle e avremmo dovuto difenderci, se attaccati. La notte ci misero in marcia; sostammo dopo un cammino di alcune ore. Al mattino dopo venne un maggiore che disse essere di Nicastro ( probabilmente Galli ndr) e ci invitò a consegnare le armi ai tedeschi perché ci avrebbero portati in Italia. Non accettammo la proposta , temevamo per la nostra libertà e per la vita: i nostri ex alleati ci avrebbero presi prigionieri e avviati chissà dove. Non immaginavamo quello che sarebbe successo in seguito. Avevamo le armi e le munizioni, anche se non erano giunti altri rifornimenti. Un colonnello di artiglieria ci disse di andare a tenere fermi i tedeschi: questo fu un ordine che condividemmo tant’è che in fila indiana ci mettemmo subito in cammino verso le postazioni utili. Lo scontro iniziò anche a colpi di cannone e di mitraglia. Un aereo tedesco fu abbattuto dalla nostra Marina. Ma dopo si scatenarono gli Stukas che bombardarono per l’ intera giornata. Continuammo a combattere e ad andare all’ assalto al grido di “Savoia!” ;costringendo i tedeschi alla resa . Catturammo molti prigionieri in quella fase della battaglia… Ma non era finita: Il mattino seguente gli Stukas tornarono e bombardarono il comando italiano. Vidi la scena da vicino tanto da assistere alla sua distruzione”.
“In seguito il nostro raggruppamento fu trasferito sull’ altro lato dell’ Isola di Cefalonia . Fu li che i greci abi-tanti del posto ci informarono delle fucilazioni di massa dei nostri commilitoni di Argostoli. I tedeschi avevano ricevuto i rinforzi che vinsero la nostra resistenza e per 48 ore ebbero mano libera per compiere la strage. Uccisero TUTTI i miei compagni” , dice Gaetano Renda allontanandosi con lo sguardo verso quel luogo e con voce commossa. Erano trascorsi quasi venti giorni dall’ 8 Settembre e gli italiani erano rimasti senza ordini e rifornimenti, abbandonati da Roma, malgrado il tentativo dell’ equipaggio di un MAS che era riuscito a raggiungere Brindisi per informare i nostri comandi di quanto stava accadendo a Cefalonia. Il Re i i suoi generali avevano lasciato l’ Italia e gli italiani, soprattutto i soldati che avevano combattuto per loro. Non giunse mai nessuna risposta! “Nella parte dell’ isola dove mi trovavo -prosegue Renda- vennero portati da Argostoli 9 marinai e alcuni civili. Ci fecero scavare una fossa e mentre lavoravamo con il dubbio che era giunta la nostra ora un soldato tedesco disse che non era destinata a noi. Infatti i marinai ed i civili furono fatti entrare dentro lo scavo ed uccisi a colpi di mitraglia, coperti con poca terra e lasciata compiere a noi la sepoltura definitiva. Non siamo stati fucilati forse per due motivi: per non avere sparato contro i nostri avversari e perché loro erano ormai sazi di sangue italiano dopo il massacro di ottomila nostri soldati, imposto da Hitler. A sopravvivere fummo circa 4000. Nelle ore che seguirono ci portarono sul luogo dell’ eccidio per bruciare i cadaveri dopo averli cosparsi di benzina”. Un’opera crudele che non ha bisogno di essere commentata!
Ma non era finita: i superstiti furono imbarcati su 4 navi e condotti ad Atene. Altre tre navi erano saltate sulle mine e durante il percorso veniva usata la mitraglia per colpire quelle vaganti e farle saltare. Giunti a destinazione due generali, uno italiano e l’ altro tedesco, chiesero a ciascuno di noi se intendevamo collaborare con i germanici . Chi era disponibile doveva schierarsi da un lato, gli altri su quello opposto. Io fui fra i secondi e venni percio’ deportato nel campo di prigionia di Vilnius nella Russia Bianca dove lavorai . Ma le sorti della guerra non erano favorevoli ai soldati di Hitler e man mano che le divisioni russe recuperavano il terreno perduto le truppe germaniche si ritiravano e noi dovevamo seguirli in altri campi: prima a Pruzany e poi a circa 100 Km da Varsavia.
Giungemmo in Polonia, un luogo dove la durezza della prigionia fu compensata dall’incontro con una ragazza del luogo, operaia in una fabbrica di salumi, che si chiamava Marisha. Era socievole, ma parlava con tutti e non con me. Decisi allora di aspettarla nascosto dietro un muro, vicino al reticolato del campo ; riuscii a incontrarla e a parlarle. Inizio’ l’amicizia che si trasformò in affetto fino a che decidemmo di fidanzarci nel modo in cui era possibile nella condizione di prigioniero. Nello stesso periodo ero riuscito ad avere un buon rapporto con un soldato tedesco addetto ai lavori di muratura. Lo sostituivo nella fatica e questo mi valse la sua gratitudine. Alle volte per andare a trovare Marisha saltavo il reticolato e rientravo per la stessa strada per essere presente alle verifiche dei presenti nel campo. Successe che una volta mi videro mentre tornavo e rischiai una punizione severa, forse anche la fucilazione. Fu il mio amico tedesco che parlo’ con il suo capitano e lo convinse a non procedere oltre. Era ormai la fine della guerra ed i tedeschi, sconfitti, fuggirono dal campo lasciandoci liberi. Non ebbi il tempo di salutare Marisha come avrei desiderato.
Ci incamminammo per le strade pericolose per gli aerei americani . Quando finalmente i loro reparti ci raggiunsero fummo trattati con dignità e liberati dopo poco tempo. Con il treno raggiungemmo prima il Brennero e poi Verona. Da qui altri treni condussero ciascuno di noi a destinazione. Negli anni della prigionia non avevo avuto notizie dalla famiglia ne’ avevo potuto darne. Il mio arrivo a Sambiase fu una sorpresa. Durante il percorso dalla stazione di Sant’ Eufemia alla cittadina incontrai mio cognato e mio fratello e con loro raggiunsi mio padre, casa mia e la fidanzata che già avevo, ecco perché non sono rimasto in Polonia! IL seguito fu la ripresa della vita normale e la ricostruzione del tratto disperso dell’ esistenza. Signor Gaetano qual è il ricordo piu’ intenso della sua esperienza della guerra? Il volto di quei marinai scesi nella fossa per essere fucilati, è un dolore che vive dentro di me e non passerà mai!
Spettabile redazione
sono il nipote di Francesco Cultrona, capitano della Regia Guardia di Finanza. Durante la Seconda Guerra Mondiale si è trovato a combattere nel I° Battaglione Mobilitato della Regia Guardia di Finanza a supporto della Divisione Acqui nell’isola di Corfù.
Il suo comportamento in guerra gli valse la medaglia di bronzo al valor militare alla memoria con la seguente motivazione:
“All’atto dell’armistizio, ricevuto ordine di imbarcarsi per rientrare in territorio metropolitano, chiedeva ed otteneva di condividere la sorte dei commilitoni che, rifiutando le offerte di resa, si approntavano alla lotta. Nel corso di intenso bombardamento aereo, nel tentativo di attraversare una zona intensamente battuta per raggiungere i propri uomini maggiormente esposti, cadeva nell’assolvimento del nobile compito impostosi. Corfù, 13 settembre 1943".
Francesco Cultrona, nato a Campobello di Licata (Agrigento) il 20 maggio 1901 dal papà Antonino e dalla mamma Maria Buffone, morto a Corfù il 13 settembre 1943. Vi chiedo cortesemente di aggiungere il nome di mio nonno nell’elenco dei combattenti a Corfù. Sono in possesso di alcune lettere indirizzate a mia nonna e mio zio che esprimono bene il clima di quei giorni. Vorrei sapere se avete notizie o documenti. Grazie.
Cultrona Claudio
CAPITANO CULTRONA FRANCESCO
MEDAGLIA DI BRONZO AL VALORE MILITARE (ALLA MEMORIA)
ALL'ATTO DELL'ARMISTIZIO RICEVUTO L'ORDINE DI IMBARCARSI PER
RIENTRARE IN TERRITORIO METROPOLITANO, CHIEDEVA ED OTTENEVA
DI CONDIVIDERE LA SORTE DEI COMMILITONI CHE, RIFIUTANDO LE OFFERTE
DI RESA, SI APPRONTAVANO ALLA LOTTA. NEL CORSO DI INTENSO BOMBARDAMENTO AEREO,
NEL TENTATIVO DI ATTRAVERSARE UNA ZONA INTENSAMENTE BATTUTA
PER RAGGIUNGERE I PROPRI UOMINI MAGGIORMENTE ESPOSTI,
CADEVA NELL'ASSOLVIMENTO DEL NOBILE COMPITO IMPOSTOSI
CORFÚ 8-25 SETTEMBRE 1943
18 maggio 1913
Egregio signor Claudio,
il nome di suo nonno si trova già nell'elenco dei caduti nel link che riguarda la Regia Guardia di Finanza.
La ringrazio molto per il bellissimo materiale fotografico che ci ha fatto avere, il quale ci permetterà di aprire un fascicolo a nome di suo nonno, da inserire nel nostro istituto storico presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Arezzo; istituto dichiarato di Interesse Nazionale dalle autorità competenti. Altre informazioni purtroppo non ci è dato averle, ma sfoglierò i libri opportuni per vedere se esista qualche richiamo al suo nome.
Orazio Pavignani
Spettabile redazione,
raccogliendo il vostro appello segnalo per l'integrazione nel vostro elenco dei Caduti i nominativi dell'Artigliere Lacava Leonardo e del Capitano Giuseppe Di Giacomo. Sono un prof. di lettere in pensione dal 2009, appassionato di storia della seconda guerra mondiale, svolgendo una ricerca sulla sorte del papà della mia vicina di casa ad Aieta in Calabria ho scoperto dal suo foglio matricolare che suo padre Lacava Leonardo nato ad Aieta (CS) il 22 aprile 1909 , era a Cefalonia con la Divisione “Acqui" faceva parte della 361^Batteria Cannoni 155/14 del CLXXXVIII Gruppo Artiglieria di Corpo d'Armata. Catturato dai tedeschi e internato in Germania nello Zweilager di Fullen dove morì il 18 dicembre 1944. Grazie alla meritoria ricerca del Signor Roberto Zamboni di Montorio Veronese, e al suo sito Web sono riuscito a individuare dove è sepolto (cimitero militare italiano di Amburgo) ora le quattro figlie hanno fatto richiesta di riportare nel proprio paese Aieta (CS) le spoglie. Sempre cercando sul Web ho individuato anche il comandante della 361^ Batteria il Capitano Giuseppe Di Giacomo, in allegato articolo.
A disposizione per ulteriori informazioni vi saluto cordialmente
Prof. Francesco Mandarano
Scritto da L.R.Alario
martedì, 18 gennaio 2011
Cap.Giuseppe Di Giacomo
Giuseppe Di Giacomo. Il comandante, che non parlava senza sorridere – Giuseppe Di Giacomo, il Capitano d’Artiglieria, Comandante della 361ª Batteria del 188° Gruppo di stanza sulla costa di Cefalonia, ha quarant’anni, quando il 24 settembre 1943, pur essendo pressantemente invitato dai compagni e dal cappellano militare a travestirsi e a darsi alla fuga, si rifiuta categoricamente per difendere l’onore suo e dell’esercito italiano, affrontando eroicamente la morte inflittagli dai Tedeschi. Egli, Calabrese nato a Cassano, è un affermato ingegnere, e anche ottimo musicista, avendo frequentato, negli anni dei suoi studi universitarî a Napoli, il Conservatorio di San Pietro a Maiella, suona il violino e il violoncello, tenendo concerti per gli amici insieme al cognato, l’ingegnere Stanislao Pontieri, sa, col suo sorriso, infondere ottimismo e incoraggiare gli amici nel momento dello sconforto Alfio Caruso, nel suo libro Italiani dovete morire, scrive: «L’artiglieria della [Divisione] Acqui è sottoposta ad una cura speciale, ma non c’è un cannone che taccia. Si difendono come ossessi. Sparano le batterie del 188° gruppo, il 359° ed il 361°, affidato ad un capitano calabrese, Giuseppe Di Giacomo, un cuor contento che dal primo giorno di lotta si è trasformato in un leone.
Di Giacomo è soprannominato “il vecchio” perché i suoi uomini sono detti “i vecchioni”, in quanto tra i più anziani della divisione. Ma il “vecchio” ed i “vecchioni” per sette giorni daranno la paga all’aviazione ed alle truppe tedesche». Don Luigi Ghirlandini, cappellano della Divisione Acqui, nel capitolo L’eccidio di S. Teodoro del suo libro I martiri di Cefalonia, così descrive il nostro eroe nei terribili istanti precedenti la sua fucilazione: «Il capitano Giuseppe Di Giacomo, noto per il suo eterno sorriso, per la grande bonomia, per l’ottimismo che aveva saputo mantenere anche nelle occasioni più difficili, non perde la sua calma, la sua serenità, fino all’ultimo istante».
Padre Romualdo Formato, nel suo libro, L’eccidio di Cefalonia, così scrive di lui: «Il capitano Di Giacomo comandava la 361ª batteria del 188° gruppo da 155/14 di posizione costiera. Era giunto nella primavera col suo bel gruppo, che, scherzosamente, era chiamato il “gruppo dei vecchioni” per il reclutamento dei suoi uomini, tutti anziani. Ma fu il gruppo che destò maggior stupore e massima ammirazione durante i sette giorni di combattimento. Non ristette un attimo dalla sua ininterrotta e vigorosa attività e vomitò valanghe di fuoco sul tracotante nemico. Il generale Gandin e il colonnello Romagnoli ne erano entusiasti e non tralasciarono occasione per far giungere a quei bravi artiglieri la loro commossa parola di elogio.
Il capitano Di Giacomo aveva presto legato con me affettuosa amicizia. Avevo visitato anche la sua graziosa cittadina – Cassano Jonico – dove avevo conosciuto il vescovo della diocesi, monsignor Barbieri, al quale, col capitano Di Giacomo, avevamo inviato da Cefalonia il nostro comune omaggio.
Caro amico!… Aveva una vera passione per i suoi uomini, e questi lo contraccambiavano con affettuosa filiale venerazione. Per Pasqua desiderò una cerimonia tutta particolare per la sua batteria, che preparò con grande solennità, ed egli volle ricevere, per primo, la comunione eucaristica, aprendo la fila compatta dei suoi artiglieri.
Aveva un sorriso perenne sulle labbra. Si sarebbe detto che non sapeva parlare senza sorridere… E, certo, quel sorriso non si è spento neppure dinanzi a una morte così inaspettata e crudele, la quale, per lui, è stata l’alba purpurea del meritato premio eterno […]
Ho già narrato le varie istanze con le quali, alla “casetta rossa” chiesi, piangendo, che mi facessero seppellire le salme degli ufficiali fucilati. Le insistenze divennero così concitate e pressanti che a un certo momento parvero degenerare in alterco… e qualcuno dei miei amici mi tirava per la veste e mi invitava alla prudenza, temendo complicazioni. E ho narrato anche come fui ingannato e chiuso prigioniero, senza che mai più nulla mi fosse successivamente detto sulla sorte di quelle povere salme.
Solo a un anno di distanza, al ritorno in Italia del gruppo rimasto a Cefalonia, ho potuto conoscere, inorridendo, la fine ultima dei miei cari compagni di martirio uccisi alla “casetta rossa”.
Le salme furono fatte caricare su vari zatteroni e trasportate in alto mare, dove – legate tra loro a due a due, a tre, a quattro – furono precipitate nel fondo con enormi pesi. Per questa macabra bisogna – compiuta col favore delle tenebre – si servirono di una ventina di nostri marinai, i quali, dopo due notti consecutive di estenuante lavoro, furono anch’essi trucidati, perché – dinanzi al mondo civile – non rimanesse testimonio alcuno di così orribile misfatto».
La sua batteria, situata tra Chelmata e Spilla, cominciò a essere bombardata il 15 settembre 1943, ma lui restò sempre tranquillo al suo posto. Per 8 giorni consecutivi i suoi “vecchioni”martellarono coi cannoni gli obiettivi nemici, e ultimi cessarono il fuoco, coprendosi di gloria. Vincenzo De Luca, altro combattente di Cassano, scampato all’eccidio, riferisce che il pomeriggio del 23 settembre Di Giacomo rifiutò di travestirsi e darsi alla fuga, scegliendo, sereno, in nome dell’onore della patria, il martirio alla “Casetta Rossa”, rammaricandosi di non essere caduto accanto ai suoi cannoni.
Al momento della morte, il 24 settembre, il pensiero del Capitano Di Giacomo andò certo alla sua giovane moglie e alla sua piccola figlia Adele, che non ebbe la possibilità di conoscere. “Con la delicatezza d’animo che lo distingueva – scrive la professoressa Carmelina Arcieri vedova Di Giacomo – tornando dalla Missione Militare di Cefalonia nell’ottobre 1948, padre Formato portò alla bambina un ciclamino sbocciato dalla terra intrisa dal sangue del papà, unico avanzo del corpo martoriato”.
Nel 150° anno dell’Unità d’Italia, tra dibattiti e polemiche, con scontri inopportuni fra unionisti e separatisti, fra nostalgici e revisionisti, non farebbe male soffermarsi sui martiri di Cefalonia e su figure nobili come quella di Giuseppe Di Giacomo. Anch’essi vanno aggiunti, senza retorica, ma per quello che testimoniarono col loro sacrificio, agli eroi del Risorgimento, il quale non si è concluso il 1861, poiché il movimento per la libertà e per la costruzione d’una forte volontà nazionale non si è mai arrestato, fra lotte intestine, tuttora in atto, e non dimenticate violenze, che hanno insanguinato la nostra storia recente.
Leonardo R. Alario (foto)
(Da CALABRIA ORA, a. VI, n. 14, sabato 15 gennaio 2011, p. 3.)
Gent.mo Signor Orazio Pavignani
Mi chiamo Pantaleo ROSATO e sono nipote del Soldato Vincenzo ROSATO classe 1923 (fratello di mio padre), soldato della Divisione Acqui appartenuto al 317° Reggimento Fanteria, 1° Battaglione, 4^ Compagnia Mitraglieri.
La mia famiglia ha custodito le lettere che lo zio Vincenzo Rosato ha scritto ai propri cari, dal momento in cui fu chiamato alle armi (gennaio 1943) fino a poco prima della sua scomparsa, avvenuta a Cefalonia (settembre 1943). Nell’elenco dei caduti, la data della sua morte è indicata in 19/08/1943 (data riportata anche nel foglio matricolare) che considero errata in quanto l’ultima lettera in mio possesso risale al 29/08/1943.
Le sue lettere, oltre a raccontare la sua condizione militare, rievocano con grande passione la sua umana vicenda: il dolore per la lontananza dai propri cari, la nostalgia per il suo paese, la rabbia di non poter aiutare la propria famiglia nel lavoro nei campi e la consapevolezza di ciò che poteva accadergli da un momento all’altro. Con le lettere e con le notizie raccolte dai miei famigliari più anziani ho cercato di ricostruire la sua vicenda, che di seguito Le propongo, con la speranza di ottenere altre informazioni sul suo conto.
Nato a Martignano (Lecce) il 12 luglio 1923 (e non Trento come erroneamente indicato nell’elenco caduti), non aveva ancora compiuto i vent’anni quando nel mese di gennaio 1943, lasciò il suo paese per rispondere alla chiamata alle armi.
Primo di sette figli e cresciuto in una famiglia di modeste origini contadine, aveva avuto l’opportunità, rara per quell’epoca, di ricevere una sufficiente istruzione scolastica, tale da permettergli almeno di scrivere una lettera.
Il 12 gennaio 1943 è arruolato presso il 50° Reggimento Fanteria con sede a Macerata, ove rimane fino alla fine del mese quando il suo reparto viene trasferito a San Severino Marche per completare l’addestramento militare.
La partenza per il fronte avviene intorno al 9 marzo 1943, giorno in cui ha inizio il trasferimento per la Grecia con una tradotta militare, unitamente ad altri giovani commilitoni per un totale di due battaglioni. Da Ancona, il treno risale la penisola italiana fino a Trieste e da qui prosegue per Atene, dove ha sede il Comando da cui dipendono le divisioni italiane dislocate sul fronte balcanico. Qui viene assegnato al 317° Reggimento Fanteria della Divisione Acqui. Sbarcato a Cefalonia viene assegnato alla 4^ Compagnia Mitraglieri del 1° Battaglione. Verso la fine di giugno, la sua compagnia (o il suo plotone) viene trasferita con compiti di presidio, su un isola più piccola (presumo Itaca).
In una lettera risalente a questo periodo riferisce di essere molto noto e apprezzato sia dai propri commilitoni che dalla popolazione locale in quanto conoscitore della lingua greca, conoscenza derivante dal fatto di essere originario di uno dei comuni della Grecia Salentina (isola linguistica ellenofona del Salento in cui si parla un dialetto neo-greco).
Dopo l’8 settembre rimane sicuramente coinvolto nelle note vicende a seguito delle quali viene fatto prigioniero e imbarcato su una nave destinata al trasporto di prigionieri italiani della Divisione Acqui e con essa scompare a seguito del suo affondamento. Dopo alcuni mesi alla sua famiglia giunge la triste notizia: il soldato Vincenzo Rosato è stato dichiarato disperso a seguito dell’affondamento di una nave. Un testimone riferirà di averlo visto salire su una nave che poi affonderà. Appresa la notizia, la madre, per il resto della vita, deciderà di non volgere più lo sguardo al mare.
Allego copia del foglio matricolare, riservandomi di inviare, dopo un Suo eventuale riscontro, due foto e un fascicolo con la riproduzione delle lettere (sette lettere e due cartoline militari scritte durante i due mesi di permanenza a Macerata e San Severino Marche e nove lettere scritte durante la permanenza al fronte alcune delle quali contraddistinte con la sigla P.M. 412).
Distinti saluti.
Rosato Pantaleo
Ogni tanto arrivano belle notizie, tipo questa che ci comunica dell'esistenza di un altro reduce ancora in vita di cui avevamo perso le tracce. Il simpatico nonnino di questa foto si chiama Gaetano Renda di Lamezia Terme e può darsi che sia l'ultimo reduce Calabrese tuttora vivente.
Ringaziamo pertanto il signor. Nicola Coppoletta che oltre a fornirci questa bella notizia organizzerà per fine settembre l'esposizione della mostra " La scelta della Divisione Acqui a Cefalonia e Corfù nel settembre 1943" nella città di Catanzaro e probabilmente al MUSMI (museo storico militare della citta). Gaetano Renda, nato il 20 ottobre 1923 era mitragliere nel 17° Reggimento Fanteria e il suo foglio matricolare racconta il suo tragitto militare.
Gent.ma Sig.ra Graziellla.
per prima cosa volevo ringraziarLa a nome del mio papà GABRIELI GUIDO, classe 1923, del Vs. periodico che puntualmente riceve e che, dopo l'improvvisa morte della mia mamma avvenuta lo scorso anno, gli fà riaccendere i suoi bei occhi per i ricordi terribili da un lato di una guerra devastante ma dall'altro lato di solidarietà, aiuto morale, a volte vitale ricevuto dai compagni: bucce di patate in una giornata che volevano dire sopravvivenza.
Il suo sogno è sempre stato quello di tornare con la mia mamma ed io e mia sorella nella sua amata Cefalonia che mai ha dimenticato e che puntualmente ad ogni ricorrenza familiare ci racconta, ora è anche bisnonno di una splendida bimba di nome Chiara, di quasi 4 anni che rimane incantata a sentire dei suoi racconti.
Come Le dicevo non ci è stato mai possibile venire a Cefalonia, perchè in questo ns. Stato per chi ha combattuto in tutti i modi, nei limiti in cui poteva e sia qui che all'estero, non è stato mai riconosciuto nulla, io non parlo di medaglie o soldi ma un viaggio orgaanizzato per chi aveva il desiderio di vedere quei posti bellissimi, seppur testimoni di atroci crudeltà,
Scusi se Le chiedo se ci sia qualcosa o qualcuno a cui rivolgersi per poter regalare al mio splendido papa' questo suo sogno.
La ringrazio di cuore,
Isabella
23 marzo 2013
Gentile Isabella,
non sapendo a quale sezione della nostra associazione lei appartiene e sapendo con piacere che suo padre è ancora in vita, vorrei, se possibile avere maggiori informazioni su di lui: data e luogo di nascita, reparto di appartenenza, indirizzo e numero di telefono.
Queste informazioni mi serviranno per annoverare anche il suo papà nell’elenco dei reduci ancora viventi pubblicato nel nostro sito.
http://www.associazioneacqui.it/pagine/reduci viventi.pdf naturalmente non pubblicheremo il recapito stradale e telefonico.
Sarebbe inoltre interessante avere se possibile materiale che lo riguarda di quei tempi tragici per far sì di aprire un fascicolo ad personam su di lui.
Orazio Pavignani
26 marzo 2013
Gent.mo Sig. Orazio, Le comunico che con le sue mail ha reso felice e commosso il mio papa' che non ha dormito una notte intera per cercare foto con altri commilitoni in partenza per Cefalonia, con i relativi nomi e cognomi, foglio di congedo e tante cose che si ricorda perfettamente nonostante l'età ed è molto ansioso di poterle raccontare a qualcuno, perchè quel dramma non deve essere dimenticato MAI.
Con la speranza di risentirci presto, La saluto cordialmente
Isabella Gabrieli
Salve, mi chiamo Vittorio Magnani e vorrei avere informazioni su mio zio il soldato Magnani Eugenio partito dall’Italia nell’ 11°reggimento di marcia in Caserta (centro mobilitazione 10°reggimento artiglieria D.F in Caserta) il 19-03-1943 e arrivato nell’isola di Corfù. Catturato e fatto prigioniero dai tedeschi il 23-09-1943.
Eugenio è nato a Sestola provincia di Modena il 19-07-1923 e morto il 28-02-1945 in Russia. Il numero di matricola è 26615.
Vorrei sapere con più precisione dove è stato portato dai tedeschi ed eventuali altre informazioni.
Grazie in anticipo
Vittorio Magnani
28 marzo 2013
Caro Signor Vittorio,
anche il nome di suo zio è uno di quelli che non sono presenti nel nostro elenco dei caduti, pubblicato nel nostro sito internet. E’ però presente nell’elenco del ministero della difesa (forse lo ha già trovato) che lo dà per sepolto a Tambov in Russia. Purtroppo non ci è dato sapere altro, chi forse può dare maggiori risposte è l’archivio Storico di Friburgo, in Germania. Probabilmente era stato assegnato al 33° reggimento artiglieria di stanza a Corfù con qualche batteria, e in una di queste può avere partecipato alla battaglia contro i tedeschi inizialmente vittoriosa ma poi terminata con la nostra resa avvenuta il 25 settembre 1943.
Possiamo provare a richiedere il suo foglio matricolare all’Archivio di stato di Modena con la speranza (ma non credo) che su quel documento possa esserci qualche altra informazione. Purtroppo i fogli matricola di chi non rientrò sono sempre privi di informazioni del loro trascorso bellico, in quanto non tornarono per dichiarare quanto avevano fatto e subito.
Con Cordialità
Il redattore
Orazio Pavignani
29 marzo 2013
Grazie per la risposta tempestiva, vorrei inoltre sapere come potrei consultare l'archivio storico di Friburgo, se è possibile per esempio farlo on-line? grazie
Vittorio Magnani
Inserendo su una mia pagina facebook la foto di mio padre (del 1942), reduce di Cefalonia , scampato miracolosamente sia alla effettuata fucilazione sia al successivo vigliacco naufragio nel porto, ho visitato il sito dedicato alla memoria di quegli eroi , e, non trovando il nome di mio padre le allego: – le prime due pagine del foglio matricolare con l'indicazione di assegnazione al 3° gruppo c.a. da 78/27 ck;- copia di lettera associazione alta Italia spedita a mio padre nel 1947.
Il tutto con preghiera di aggionamento degli archivi per imperitura memoria del sangue versato da quella generazione. In attesa di leggerLa al fine di aggionare gli archivi la saluto cordialmente.
Egidio Perrelli
03 aprile 2013
Egregio sig. Perrelli,
non ho capito bene a quale sito si riferisce se a quello dell’istituto storico o se a quello della Associazione Acqui.
In tutti i casi non abbiamo per il momento elenchi di reduci deceduti in patria, anche se mi ha dato l’idea e ora proverò a ricostruire tale elenco e pubblicarlo. I documenti che ci ha fornito sono già in un fascicolo destinato al nostro istituto storico e se gentilmente mi dice come arrivare alla sua pagina fb scaricherei volentieri anche la fotografia. La mia pagina fb la trova digitando il mio nome e troverà inoltre altre pagine dedicate alla Divisione Acqui. Sono lo “storico” dell’associazione e il redattore del nostro notiziario e del sito internet e mi ha girato questa sua la nostra presidente al quale lei si era rivolto.
Cordiali saluti
Il redattore
Orazio Pavignani
03 aprile 2013
Gent.mo Sig.
Orazio Pavignani,
Gli elenchi a cui mi riferisco sono quelli dell' “Associazione nazionale divisione “Acqui" e forse ho frainteso qualcosa , il mio intendimento era solo quello di far risultare " pubblicamente" l'apparteneza di mio padre a quel gruppo di giovani eroi. Mio padre a riprova delle sua alte qualità morali ha vissuto nella massima umiltà ed onestà , non sbandierando o strumentalizzando alcunchè ,( fu anche ferito nell'isola e anche promosso sul campo. Nel lontano 1960 lasciò moglie e figli per emigrare in Australia, (cosi chè con le rimesse sue e di tanti altri italiani contribuì in quegli anni al disavanzo della “bilancia dei pagamenti".Solo dopo il suo ritorno ebbi modo di sapere qualcosa dei suoi trascorsi militari. Cercai, molto tempo fa, qualche legame con associazioni di reduci della acqui , ma a parte quel sito privato sulla “Acqui"
non riusci a trovare altro come la sciolta “Associazione Alta Italia", (di cui ho inviato copia della lettera di comunicazione di chiusura).
Comunque le chiedo, se come Lei afferma i dati di papà sono presenti in un fascicolo , come mai non si è tentato di contattarlo ? Avrebbe vissuto altri momenti indimenticabili.
La saluto Cordialmente
Egidio Perrelli
04 aprile 2013
Egregio sig. Egidio,
la ringrazio per la sua risposta e per l’altro materiale che mi ha inviato.
Quando le dicevo che il materiale che ci ha fatto avere, era già in un fascicolo destinato al nostro istituto storico, intendevo proprio quello che lei ci ha fatto avere. La nostra conoscenza dei reduci della Acqui deriva, soprattutto dai nostri elenchi o per meglio dire dagli elenchi delle sezioni. Purtroppo col passare del tempo ed il naturale assottigliarsi delle file dei nostri iscritti molte sezioni hanno chiuso e non siamo in grado di recuperare il materiale. Non sono mai esistiti elenchi ufficiali degli appartenenti alla divisione acqui in qual tragico ’43, tanto più che ogni tanto la potenza del web ci mette al corrente di reduci a noi sconosciuti in quanto non iscritti all’associazione oppure non più iscritti da molto tempo. Poi dipende molto dal lavoro svolto dai titolari delle sezioni contattare e tenere informati i propri iscritti.
Ci sarebbe piaciuto tantissimo aver avuto elenchi ufficiali degli appartenenti alla divisione nel settembre 43, ma come lei saprà, prima della resa i documenti andarono tutti distrutti. Ora però lei mi ha dato l’idea di pubblicare un elenco dei reduci morti in patria provincia per provincia e ho già scritto a tutti i presidenti di sezione di farmi avere gli elenchi, sempre ammesso li abbiano ancora, più vecchi possibili dei loro associati al fine di formulare una pagina ricordo degli stessi nel nostro sito internet.
Ci vorrà un po’ di tempo ma spero di riuscirci.
Cordiali Saluti
Il redattore
Orazio Pavignani
Salve mi sono imbattutto sul vostro sito lo trovo veramente interessante.
Mi chiamo Angelo Trinchera, mio padre Salvatore nato l' 01/12/1920, era imbarcato sul Regio Dragamine Patrizia R. 191 Matricola 3634, con la qualifica di Cannoniere , purtroppo e mancato da poco. Ho constatato fino alla fine la lucidità dei suoi racconti del dramma di Cefalonia. E ' stato insignito della Croce al merito di guerra . Fù deportato in Germania e successivamente in Russia. Vorrei sapere se possibile avere ulteriori notizie sui campi di concentramente dove fu deportato in quanto dal foglio matricolare non risulta.
Distinti Saluti
Angelo Trinchera
06 febbraio 2013
Gentile signor Angelo,
purtroppo non ci è possibile darle risposte precise. Degli altri reduci che ebbero la fortuna di tornare a casa sappiamo che furono internati in determinati lager solo perché furono loro a raccontarlo o dichiararlo ai distretti militari di appartenenza che aggiornavano i fogli matricolari. Capita spesso di trovare fogli matricolari privi di informazioni se non quelle basilari.
In quanto ai campi di concentramento, erano talmente tanti e sparsi in tutta l’Europa orientale, il che rende ancora più difficile trovarle la risposta. L’unica speranza sarebbe quella di trovare qualcuno che abbia vissuto con lui le sue stesse esperienze, ma la cosa penso che sia molto difficile. In tutti i casi le sarei grato se volesse mandarmi del materiale fotografico e documentale su suo padre in modo da poter aprire un fascicolo personale su di lui da inserire nel nostro istituto storico situato presso l’università di Arezzo.
Cordiali saluti.
Orazio Pavignani
10 marzo 2013
Gentile Sig. Orazio le rispondo dopo un po ma ho preso la decisione di inviare qualche foto di mio padre, copia del foglio matricolare e delle decorazioni ricevute. Spero di farle cosa gradita nella speranza che possa magari qualcuno ancora vivente riconoscere mio padre.
Saluti
Angelo Trinchera
Carissimi amici,
vi ricorderete di come casualmente appresi dell'esistenza del Reduce Daniele Flore , Sergente della 31^ Artieri e vi segnalai la video intervista presso una TV Sarda? Ebbene, dopo aver contattato la casa di riposo dove adesso risiede il caro Daniele, mi adoperai immediatamente ad inviargli la tesserina della nostra Associazione (gratuitamente ovviamente) e la copia dell'ultimo notiziario corredato con l'elenco dei Caduti della 31^ artieri. Da quel giorno lo tengo aggiornato con i notiziari.
Bene, oggi mi sono recato come sempre faccio il martedi ed il giovedi, dalla cara Giorgina a far 2 parole e a ritirare l'eventuale posta che riceviamo. Con grande soddisfazione abbiamo ricevuto questa bella lettera di un nipote del sig. Daniele Flore che vi inoltro molto volentieri, suggerendo, se per voi è il caso, di inserirla o nel prossimo notiziario come “notizie dalla Sardegna" oppure di metterla a disposizione nel nostro sito Nazionale…..a voi la somma decisione…ma direi che merita un po di soddisfazione.
un caro e sincero abbraccio (Valerio Mariotti)
Mio zio Daniele Flore in questi giorni ha ricevuto la tua lettera ed è rimasto particolarmente colpito dal fatto che grazie alla vostra attività si possa tramandare quanto avvenne in quella parte dello Ionio nell'autunno dei 1943.
Mi sono permesso di darti del tu anche se non ci conosciamo poiché quasi per analogia con la tua storia, anche io sono un Sergente Maggiore, appartengo all'Aeronautica Militare e mi chiamo Stefano Carta, sono molto legato a mio zio Daniele e sentire dalla sua voce il racconto di quei giorni, dalla voce di un sopravvissuto di Cefalonia, mi riempie di orgoglio e sentirsi descrivere con una precisione quasi maniacale un episodio piuttosto che un altro accaduto durante lo svolgimento della Seconda guerra Mondiale da chi quella guerra l'ha vissuta e ne porta ancora le cicatrici nell'anima mi affascina.
In questi giorni ho ricevuto da Zio Daniele l'incarico di rispondere alla lettera del 9 Gennaio, pur-troppo tutte le fotografie scattate durante l'occupazione Greca sono state sequestrate dai Tedeschi, l'unica cosa che si è portato dietro dalla guerra è la gavetta, gavetta che per il timore gli venisse rubata è stata per quasi tre anni il suo cuscino inoltre per quanto riguarda l'elenco dei caduti della 31i! Compagnia si ricorda solo del Tenente Fraticelli poiché per il suo incarico era distaccato con il suo plotone a Corfù e Santa Maura, egli tiene particolarmente a raccontarvi quanto avvenuto dopo l'armistizio e durante il periodo della prigionia pertanto quanto riporterò di seguito è tratto dal nostro ultimo incontro.
Mi chiamo Daniele Flore, il mio grado in servizio era quello di Sergente della 31g Compagnia de! Genio Artieri, (posta militare n. 2), dal 13 Maggio del 1941 0130 Dicembre del 1942 fui assegnato a Corfù poi a Santa Maura, lo vita sulle isole scorreva tranquilla, i Greci ci rispettavano e volevano bene, parecchi di noi avevano la fidanzata, la mia si chiamava Giorgina Lechissa, abitava a Corfù ed io in parecchie occasioni aiutai “mio suocero" nel lavoro dei campi, coltivare l'orto e seminare, la famiglia di Giorgina era benestante e dato il particolare rapporto che ci legava, mi regalarono 25.000 dracme greche,che ricevetti per il tramite del S. Ten Venturoni (anch'esso della 31 g e fidanzato con Irene sorella di Giorgina).
Ho provato a scriverle al ritorno dalla prigionia ma non ho più avuto sue notizie.
Nei giorni precedenti al conflitto aspettavo il rimpatrio poiché avendo più di 30 mesi di oltremare avevo il diritto al rientro in Italia pertanto mi spostarono da Santa Maura a Cefalonia, l'Otto Settembre giorno dell'armistizio mi trovavo pertanto a Cefalonia, ho combattuto ma non saprei con precisione in quale località poiché non conoscevo Cefalonia, in quei giorni ebbi l'occasione di uccidere tre soldati Tedeschi, alzai il fucile e puntai ma un altro sergente che stava con me mi toccò la spalla per desistere dal farlo (se penso all'accaduto ancora mi rammarico per non aver tirato il grilletto).
Venni sequestrato dai Tedeschi presso la tristemente famosa casetta rossa alle ore 09,00 del 22 Settembre 1943, 3 o 4 giorni dopo (nei quali restai senza mangiare) mi portarono alla caserma Mussolini. 1/16 Ottobre mi imbarcarono ma ci fecero scendere dalla nave poiché furono avvistati dei sottomarini inglesi, successivamente alle 24,00 mi diedero l'ordine di risalire a bordo ma per mia fortuna rifiutai poiché la nave venne affondata.
Successivamente a questo episodio fui deportato da Cefalonia a Pireo Patrasso – Atene (dove rimasi qualche giorno e Salonicco dove arrivai il 11 Novembre, ma la mia avventura non finì a Salonicco, la destinazione finale era la Russia che raggiunsi attraversando la Macedonia, Bulgaria, Romania, Polonia. Arrivai a Borisov il 2 Dicembre 1943 assegnato al campo n. 40 vi rimasi fino al 14 Dicembre poi venni deportato ad una compagnia tedesca che aveva occupato una chiesa (mi sembra di ricordare nei pressi di Borisov), il nostro compito presso il distaccamento era quello di pulire i piazzali, gli appostamenti e l'artiglieria.
1l 23 Giugno del 1944 i Russi sferrarono il contrattacco contro l'invasore Tedesco pertanto indietreg-giammo per sette giorni. All'alba del 29 Giugno con il mio amico di prigionia tale Giovanni Palmas di Sindia (NU), fuggimmo dalla guardania dei tedeschi e rimanemmo per due giorni nascosti in una foresta di piante d'alto fusto (mi sembra fossero dei pini), non sapevamo dove andare pertanto decidemmo di seguire il sole, nei giorni di fuga rimanemmo senza mangiare (avevamo a disposizione una pagnotta ma decidemmo di conservarla per giorni peggiori), il 1 Luglio avvistammo degli automezzi, pensavamo fossero dei Tedeschi ma osservando con attenzione ci accorgemmo che appartenevano all'esercito Russo, uscimmo allo scoperto e sventolai un pezzo di tela (che fungeva da fazzolettino) in origine bianco ma in realtà ormai era sudicio, i Russi ci riconobbero e dissero urlando “ITALlANSKI", ci regalarono una scatola di sardine e dissero che a Belenice vi era un cospicuo numero di italiani, mangiammo le sardine accompagnandole con lo nostra pagnotta e ci dirigemmo verso Belenice. Prendemmo il Treno Russo (il quale si differenziava da quello occidentale poiché lo distanza tra le due rotaie è maggiore), ci portarono a Mosca dove arrivammo il 13 Luglio, in quella località fecero sfilare tutti i prigionieri (io sentii dire che eravamo circa 52.000).
1l 17 Luglio ripartimmo da Mosca alla volta di Armavir, qui il mio compito era quello di trasportare legna per la cucina e raccogliere patate, dopo Armavir mi portarono in Ucraina dove mi misero a trebbiare il grano, in tutto avrò girato almeno venti campi di concentramento dell'Unione Sovietica.
Per mia fortuna l'unica volta che mi ammalai fu dal 29 0131 Dicembre del 1944 mi venne lo febbre ma altri miei compagni di prigionia non ebbero lo mia stessa sorte, infatti ogni giorno nei campi di prigionia morivano a decine di persone, nei giorni seguenti e con precisione il 3 Gennaio del 1945 fui mandato a seppellire i morti, venivano scavate delle grosse buche dagli escavatori e all'interno si deponevano 52 cadaveri privati da qualsiasi tipo di abbigliamento (praticamente nudi).
Nel mese di Marzo del 1945 mi deportarono a Leningrado (S.Pietroburgo), il 28 Aprile la destinazione era “Caraganda" in Siberia per lavorare in miniera, ma per nostra fortuna gli Italiani non erano bravi in miniera pertanto ci trasferirono sul Caspio a Baku in Azerbaigian, assegnato al campo 8, qui rimasi fino al mio rimpatrio.
l'Ordine per il rimpatrio arrivò il 24 Dicembre de! 1945, In! trasferirono ad un altro campo e qui mi crollò il mondo addosso poiché il Comandante del campo non ricevette nessun ordine e ci sottopose a visita medica per farci lavorare, in questo campo il nostro compito era lo raccolta delle pietre per così poter avere diritto al" KAS " ovvero il supplemento al vitto.
Per nostra fortuna il 26 Dicembre finalmente partimmo dalla Russia con arrivo al mio paese Sorradile (OR) in data 06 Aprile 1946 (trascorsi 927 giorni dal 22 Settembre del 1943), attraversai lo Polonia, Moldovic, Romania, Cecoslovacchia, Ungheria fino al Danubio a Budapest, sulla riva di Buda i Russi ci consegnarono agli americani i quali presidiavano Pest, il 3 Febbraio del 1946, i nostri alleati non ci accolsero a braccia aperte ma ricordo ancora le scariche delle mitragliette sparare in alto all'impazzata per intimorirei. Dopo qualche ora arrivò lo Croce Rossa che mi permise di avvisare per mezza di telegramma i miei familiari sul fatto che ero vivo e rientravo in patria, infatti dal momento del mio sequestro per mano Tedesca e il successivo periodo di prigionia con i Russi essi non ricevettero alcuna notizia e risultavo disperso, noi prigionieri ci lamentavamo con i Russi chiedendogli di permetterci di scrivere a casa, loro rispondevano che non avevano carta, ma lo verità e che i nazisti invasero lo Russia senza dichiarazione di guerra, pertanto non esistevano gli accordi internazionali tra gli stati e la Croce Rossa non poteva intervenire.
Questa parte della mia giovinezza è quanto ho donato alla patria, non ho ricevuto nessun riconoscimento o onoreficenze, alcuni mesi fa i carabinieri del mio paese mi hanno notificato che avrei dovuto ricevere una medaglia al merito, ma ancora non ho visto niente.
Spero che il racconto di Zio Daniele in qualche maniera possa servirvi, mentre nel caso in cui ab-bia bisogno di informazioni urgenti su alcuni accadimenti di Cefalonia od altro, potrai contattarmi anche tramite mail all'indirizzo stecarta@yahoo.it, mentre per eventuale corrispondenza potrai scrivere a Stefano CARTA Via San Michele n. 2509080, Sorradile (OR).
Con profonda stima e ammirazione per il lavoro svolto dall'associazione.
Salve, mi chiamo Costa Maurizio e sono interessato ad acquisire notizie su mio zio dato per disperso nelle acque greche.
Mia madre con i suoi fratelli hanno visto in TV su RAI 1 il ritrovamento di oggetti appartenenti ai soldati nelle acque greche che probabilmente appartenevano ai soldati che si trovavano sulla nave affondata “ORIA” e da quel momento non fa altro che ripensare a suo fratello dato per disperso. Magari , durante le Vostre ricerche sono emersi altri elementi che una sterile comunicazione , detta da mia madre, data dal Ministero Difesa di quell'epoca. So che è difficile ma un tentativo lo faccio lo stesso visto anche l'età dei miei genitori.
Mio zio apparteneva al 317° reggimento Acqui ho preso dalla vostra lista questa informazione. “606 Sold. MONTAGNA Nicola 1.1.922 Cutrofiano 8.9.43 (2)GR”.
16 marzo 2013
Signor Maurizio buonasera,
intanto mi scuso per il ritardo nel rispondere ma, aldilà del lavoro, ho cercato nei miei archivi qualcosa che mi ricollegasse al soldato Montagna Nicola. Purtroppo, come succede spesso, non ho trovato nulla. E’ molto difficile trovare informazioni di soldati, soprattutto se dispersi. Anche la menzione che ha trovato su Onor Caduti è molto vaga sulla sua scomparsa. La data 8.9.43, momento in cui nulla stava succedendo a Cefalonia, ci dimostra come nessuno abbia potuto dire quando lui sia scomparso; infatti queste date vennero messe come dato vago e generico e la dicitura Grecia ha lo stesso concetto della data. Nessuno ha potuto dire dove sia scomparso.
E’ comunque indubbio che fosse nell’isola di Cefalonia, e a seconda del battaglione di cui faceva parte può avere vissuto esperienze diverse:
se fosse stato nel 1°, sarebbe stato di presidio sulla parte nord orientale dell’isola per essere richiamato dopo il 15 settembre nella zona del ponte Kimonico nel tentativo di riprendere ai tedeschi il nodo tattico di Kardakata. Il 1° battaglione sostenne una cruenta battaglia in quel luogo ma l’aviazione tedesca fece un sacco di vittime e la battaglia fu persa; Se fosse stato nel 2° battaglione sarebbe stato di riserva a Minies, nella zona dell’aeroporto, e dopo il 15 settembre diversi reparti di quel reggimento furono mandati nella zona di Pharsa dove sostennero alcuni scontri insieme a reparti del 17° riconquistando Pharsa per poi riperderla e chi non morì venne catturato e in moltissimi casi massacrato.
Il 3° battaglione era invece di presidio nel villaggio di Kardakata e fu quello maggiormente coinvolto nelle battaglie nella parte nord occidentale dell’isola seguendo, purtroppo, la sorte degli altri.
Poi c’era la Compagnia Comando reggimentale che si trovava al centro dell’isola a Valsamata. Fu il reparto che combatté di meno tranne in qualche occasione. Presso il monastero di san Gerasimos. Alcuni reparti quando seppero dell’eccidio praticato dai tedeschi sui soldati italiani, si rifugiarono sul monte Enos alla Villa Inglese, per poi consegnarsi ai tedeschi successivamente a eccidi conclusi.
E’ chiaro che queste sono informazioni molto generalizzate e quindi, anche se apparteneva al 317°, poteva essere in svariate situazioni anche in funzione dlla mansione che svolgeva.
Mi spiace non poterle dare maggiori informazioni e purtroppo questo vale anche per tanti altri casi come il suo, persone che dei loro parenti hanno solamente un nome e delle date su un elenco.
Comunque se avesse qualche fotografia dello zio di quei tempi e qualche documento, lettera, o quant’altro, saremmo lieti di aprire un fascicolo da depositare nel nostro archivio storico presso l’università di Arezzo.
Cordiali saluti.
Il redattore
Orazio Pavignani
Egregio Signor Pavignani,
Sono un settantenne pensionato, per oltre quarant'anni attivo socio dell'A.N.A., interessato della storia patria e, in particolare, di personaggi del mio territorio. Mi permetto contattarLa su suggerimento del Signor Mariotti, al quale mi ero rivolto, tempo fa, per avere notizie del mio concittadino don Biagio Pellizzari. La curiosità di conoscere la storia di questo prete, che malapena ricordo e di cui neanche il compaesano nipote ha saputo darmi notizie apprezzabili , mi è venuta dopo la lettura del libro del cappellano militare Luigi Ghilardini dal titolo SULL'ARMA SI CADE MA NON SI CEDE, sottotitolo I MARTIRI DI CEFALONIA E DI CORFU', dove è citato appunto don Biagio, all'epoca della tragedia dell'Acqui, cappellano militare presente in quello scagurato contesto. Ho già qualche notizia anagrafica che conto di completare prossimamente, insieme ai movimenti di don Biagio come prete diocesano, attivandomi presso la curia di Vicenza. Sono invece incapace, nè intravvedo possibilità, di reperire informazioni sulle vicenda militare di questo sacerdote. Ecco, quindi, la mia preghiera di un Suo interessamento a tal scopo.
Don Biagio è nato a Chiampo da Sante e da Langaro Maria il 3 gennaio 1906. A circa 5 anni si è trasferito con la famiglia in quel di Orgiano rimanendovi fino al 21.8.1939 quando è emigrato per Velo d'Astico. Presumo essere questa la sua residenza al momento di vestire la divisa. Sperando di non essere troppo inopportuno e ringraziandoLa fin d'ora della attenzione che mi vorrà riservare, La prego accogliere il mio deferente saluto.
Egregissimo signor Angelo,
anche noi abbiamo pochissime notizie di Don Biagio Pellizzari. Era comunque il cappellano militare del 317° reggimento fanteria. il primo battaglione era stanziato nella parte orientale dell’isola di Cefalonia: il suo presidio andava da Poros fino a Sant’Eufemia, il secondo era di riserva nella zona di Minies (areoporto Cefalonia) ed il terzo era di presidio nel villaggio di Kardakata. La compagnia Comando reggimentale era invece collocata all’interno dell’isola nel villaggio di Valsamata. Essendo, Don Biagio, cappellano militare di questo reggimento probabilmente si spostava continuamente per poter portare conforto religioso ai suoi soldati seguendoli magari anche negli scontri che hanno coinvolto questo reggimento come avrà letto nel libro di Ghilardini.Questo è tutto quello che posso dedurre su Don Biagio Pellizzari che era anche il cappellano di mio padre che faceva parte del 1° Battaglione.
Le allego una fotografia nella quale presumo ci sia lui tra il tenente Nusca (alla sua destra) e Renato Pesaresi (alla sua sinistra). Ho dedotto che il Cappellano nella foto sia Don Biagio, in quanto è stata scattata nel 1942 nel villaggio di Sami, dove appunto c’era il 317°.
Purtroppo non ho la certezza che sia lui e spero vivamente che, anche se lo ricorda a malapena, me ne possa dare conferma. In caso contrario la pregherei di descrivermi i pochi ricordi che ha di lui in merito al suo aspetto ed al limite fare richiesta del suo foglio matricolare all’archivio di stato della provincia a cui apparteneva il suo distretto militare (mi sembra sia Brescia ma anche di questo non ne sono sicuro).
Cordiali saluti
Il redattore
Orazio Pavignani
08 marzo 2013
Egregio Signore,
innanzitutto, Le presento le mie scuse per il ritardo col quale riscontro il Suo apprezzato coinvolgimento nella mia ricerca, di cui Le sono chiaramente grato. Ma in questi giorni ho avuto dei problemini di salute ed inoltre ho dovuto dedicarmi alla stesura di un programma in scadenza. Il ragguaglio e, specialmente, il foglio matricolare che mi ha partecipato, mi sono stati indubbiamente utili. L'altro ieri ho attinto informazioni (per la verità poche e anagraficamente inesatte) di carattere religioso presso l'archivio vescovile di Vicenza e oggi ho appuntamento con il nipote di don Biagio, dal quale spero conoscere altri interessanti risvolti della vita del “Nostro", insieme alle promesse di una foto, che sarà mia cura trasmetterLe. Ho fatto vedere l'immagine che mi ha mandato a persone più anziane di me, ma non hanno saputo collegarla a don Biagio. Comunque, se riuscirò a mettere insieme decentemente le vicende di questo Sacerdote, sarà mio dovere renderLa partecipe.
RinnovandoLe la mia gratitudine, prego accogliere cordiali saluti.
Angelo Gottardi da Orgiano
12 marzo 2013
Per il momento sono riuscito a farmi dare l'allegata foto di don Biagio Pellizzari, Cappellano del 317° a Cefalonia. Spero di reperine delle altre in età più matura. Se riesco a mettere insieme un curriculum appena decente, sarà mia cura inviarlo.
Cordialmente.
Angelo Gottardi da Orgiano
26 marzo 2013
La ringrazio moltissimo, questo è già un documento preziosissimo e che dimostra come la ricerca non abbia mai fine. Facendo il confronto con l'altra immagine mi sembra evidente che non sia la stessa persona e non sia il Don Biagio Pellizzari che avevo presunto, come fra l'altro testimonia anche il suo foglio matricolare che lo fa giungere a Cefalonia all'inizio del 1943. A questo punto chi sarà il Cappellano militare tra il tenente Fusca e al S. Tenente Pesaresi fotografati sulla baia di Sami?
A giudicare dalla tunica che indossa, con le spalline, direi che anch'egli è un Cappellano militare che probabilmente era di servizio con la Divisione Acqui fino ad essere sostituito da Don Biagio Pellizzari. Le foto dei 7 Cappellani militari le abbiamo tutte per cui a questo punto chiedo aiuto ai lettori per avere una risposta.
Orazio Pavignani
Gent.mi dell'Associazione Nazionale Divisione Acqui,
sono la nipote quarantenne di uno dei tanti ragazzi, Sold. Contini Antonio, nato il 3 gennaio 1923 a Cassinetta di Lugagnano (Mi), che hanno perso la vita sull'isola di Cefalonia. Sto cercando informazioni sullo zio e mi sono recata presso il Sacrario dei Caduti d'Oltremare di Bari dove ho reperito che mio zio è stato disperso in data 13 ottobre 1943.
Sono di recente entrata in contatto con il Vostro sito e debbo ringraziarVi poiché, grazie a Voi, ho trovato il nome dello zio fra i dispersi appartenenti a reparti ed enti vari dislocati a Cefalonia.
Informandomi sulla data della dispersione, 13 ottobre 1943, mi sorge un dubbio che giro a Voi: è possibile che dopo gli eventi della “casetta rossa" mio zio sia stato nei gruppi dei prigionieri che i tedeschi all'inizio di ottobre realizzarono per portare i ragazzi nei campi di internamento di mezza Europa? Ed eventualmente fosse poi fra coloro che persero la vita perchè si trovarono sulle navi?
Che Voi sappiate fra coloro che sono ancora viventi sarebbe possibile mettersi in contatto per avere eventualmente uno scambio di idee?
Mi piacerebbe dare una risposta a questa triste vicenda e anche una consolazione a mia madre ottantenne, sorella della zio.
Mi scuso per il disturbo e Vi ringrazio in anticipo per l'attenzione che vorrete dedicarmi
Cordialmente,
Maria Grazia Taverna
29 gennaio 2013
Spett Maria Grazia,
le sue deduzioni possono essere giuste quando pensa alla dispersione in mare: le date, seppur presunte, potrebbero far pensare al naufragio del 2° o 3° imbarco di prigionieri destinati a campi di concentramento europei e affondato al largo di Patrasso. In quell’imbarco non c’erano tantissimi prigionieri – forse 500 – e molti di loro perirono in mare. E’ chiaro che le informazioni molto generiche possono dare adito a tante interpretazioni, per cui è difficile dare una risposta esatta.
Le consiglio di richiedere il suo foglio matricolare all’archivio di stato della provincia cui apparteneva il suo distretto militare e se compilato, forse possiamo trarne altre informazioni con le quali poterlo collocare anche se in modo generico nella vicenda della Divisione Acqui. Sarebbe gradito se avesse e potesse inviarci una foto dello zio di quel periodo per poter aprire un fascicolo su di lui da mettere nel nostro istituto storico.
Si ci sono alcuni reduci con i quali si può mettere in contatto, e se sapessimo a che reparto apparteneva potrei indicarle quello più giusto.
In attesa di altre informazioni la saluto cordialmente
Il redattore
Orazio Pavignani
29 gennaio 2013
Gent.mo sig. Pavignani,
La ringrazio per la sua cortese e tempestiva risposta.
Provvederò a chiedere il foglio matricolare e appena sarò in possesso di ulteriori informazioni Le farò sapere.
Nel frattempo La ringrazio anche a nome di mia mamma,
cordialmente
Maria Grazia Taverna
Buongiorno, sto raccogliendo informazioni su mio zio Dallapè Bartolomeo Giovanni che faceva parte del 33 reggimento artiglieria “acqui" 9 batteria di stanza a Corfù. Il foglio matricolare riporta che è stato catturato dai tedeschi e trasportato in germania. Da un documento del comune di trento del 1948 si dice che si sono avute notizie (forse mia nonna aveva ricevuto qualche lettera ) della sua detenzione presso il Feldpost 31444 Lager 131, purtroppo non sono riuscito a trovare ancora notizie di questo campo. Successivamente ho avuto notizie dal ministero che mio zio è morto nel maggio del 45 in un campo russo nell'attuale Kazakistan “PAKTA ARAL" . Forse è stata la sorte di altri militari della brigata ma mi piacerebbe sapere come mai da un lager tedesco è passato ad uno russo invece di essere liberato. Vi allego due foto di mio zio a Corfù
Molte grazie
Lorenzo Dallapè
Signor Lorenzo buonasera,
è successo in molti casi che i nostri soldati passassero dai campi di prigionia tedeschi a quelli russi. Soprattutto dopo l’inizio della ritirata tedesca i prigionieri italiani venivano abbandonati o riuscivano a scappare. I russi che , come gli slavi avevano subito la nostra offensiva, in moltissimi casi ci presero prigionieri salvo liberarci alla resa della Germania. Molti soldati della Acqui sono finiti a lavorare nei campi di cotone dell’Asia Centrale e molti di loro rientrarono in patria anche nel tardo 1946.
Non abbiamo purtroppo altre notizie di Dallapè Bartolomeo Giovanni come purtroppo non ne abbiamo di tanti altri poveri soldati caduti in frangenti simili. Se però volesse farci pervenire anche il suo foglio matricolare saremmo lieti di aprire un fascicolo dedicato a lui da depositare nel nostro istituto storico.
Cordialmente
Il redattore
Orazio Pavignani
Per non dimenticare.
Ho visto il vostro sito. Non chiamateli eroi, chiamateli poveri diavoli, figli di famiglie disgraziate, che si sono trovati, loro malgrado, in una situazione di inferiorità militare, strategica, umana dovuta ad errori e negligenze di una Italietta allo sbaraglio che, allora come oggi, non ha saputo e non sa darsi una dignità, un assetto, una impalcatura sociale tale da renderla degna del nome di Nazione, di Stato. L’artigliere Giovanni Svanosio fratello di mio padre si è trovato là ventenne senza arte ne parte, senza addestramento militare, con mille sogni nel cassetto, una energia vitale nel pensiero e nel corpo. Il 21 settembre insieme ad altri commilitoni si è arreso alle forze tedesche, ha consegnato loro il fucile e le armi in dotazione gettandole a terra in un mucchio sempre più grande al centro di uno spiazzo in un piccolo paese dell’Isola di Cefalonia.
In cambio un pezzo di pane, una scatoletta di carne e una forchetta. Insieme ad altri 1500 – (?) – 3000 uomini (che differenza fa?) è stato amichevolmente invitato a sedersi sui sassi di una brulla collinetta antistante al piazzale e, mentre si apprestava a nutrirsi di quella insperata generosità tedesca in attesa della comunicata deportazione ai campi di prigionia germanici, è stato falciato dalle raffiche di una mitragliatrice che insieme ad altri pezzi già predisposti sul fronte opposto ma alla giusta distanza di tiro, ha barbaramente trucidato lui e tutti i suoi giovani e ignari compagni di disgrazia facendo loro terminare la vita dentro un grande ammasso di inermi corpi sanguinanti.
Il sangue ha impregnato l’arida terra di quella collina defluendo da quelle pendici in rigogliosi rigagnoli. Torrenti di guerra. Forse seppellito in fosse comuni, forse bruciato, forse buttato nel mare in pasto ai pesci o forse (mi piace pensare anche se improbabile) decorosamente sepolto da una mano ispirata dalla pietà umana. I fatti sono stati riferiti alla famiglia (padre, madre e fratello) da testimoni oculari che sono riusciti a rientrare in patria perché sottufficiali che il nove settembre hanno dato la loro adesione ai tedeschi anziché la resa o la resistenza.
Al soldato semplice non è stata data nemmeno questa opportunità di scelta. La madre straziata, prima di morire di crepacuore, ha vagato per almeno un lustro di anni priva di memoria con lo sguardo perso in quel vuoto di amore che una mitragliatrice tedesca MG42 in Grecia le ha scavato attorno.
La foto è di Giovanni Svanosio nato a Villa di Tirano (SO) il 14 gennaio del 1923.
Villa di Tirano (SO) lì 10 novembre 2012.
Antonio Svanioso
17 novembre 2012
Signor Antonio buongiorno,
ho letto con attenzione la sua lettera e sono sostanzialmente d’accordo con lei.
Tuttavia, come ritengo sia enfatizzato chiamarli eroi, penso sia molto riduttivo chiamarli poveri diavoli. Sicuramente non sono partiti per la guerra su loro volere ma moltissimi di loro hanno fatto quello che c’era da fare in difesa della loro dignità di uomini e di italiani. La politica, i governi si sa sono, moltissime volte, la rovina dei veri valori a cui queste persone, loro malgrado, hanno dato un significato importante che tutti noi dobbiamo portarci dentro e che stiamo ancora dimostrando attraverso la sensibilità nei confronti delle persone meno fortunate o colpite dalla furia degli eventi naturali.
E’ sotto questo punto di vista che quei “poveri diavoli”, uomini tolti alle loro famiglie ed inviati impreparati sui vari fronti della guerra, si possono definire eroi perché oltre ad aver reagito alle prepotenze hanno rifiutato il collaborazionismo, rinunciando così a condizioni migliorative in confronto a quelle che hanno sopportato e per le quali sono morti durante la prigionia.
Signor Antonio, io vorrei che ci fossero oggi quei “poveri diavoli”.
Cordialmente
Il redattore
Orazio Pavignani
19 novembre 2012
Gentile sig Orazio buona serata.
La ringrazio per la sua risposta che mi trova d’accordo.
La mia era una sintesi dello stato d’animo che ho sempre letto negli occhi di mio padre quando mi parlava di questa storia.
Il padre del giovane Giovanni desiderava che il figlio diventasse un disertore per salvarsi dalla guerra che lui, anziano e disilluso non concepiva perché incomprensibile e molto contradditoria.
Fate comunque bene a tenere viva la memoria di questi martiri. Nel mio piccolo lo rammento spesso alle mie figlie perché non dimentichino. In fondo è anche questo un modo per renderli immortali.
Ovviamente “poveri diavoli” è detto con tutto l’affetto e la riconoscenza che si deve loro.
Personalmente resto dell’opinione che gli eventi sono sfuggiti loro di mano e non hanno potuto gestire scelte proprie perché la confusione era tanta e le notizie erano poche e contradditorie.
Con stima e rinnovata gratificazione la saluto cordialmente.
Antonio Svanosio
Buongiorno
Di recente mi sono procurato il Foglio Matricolare di mio zio CARLO BIGOLIN, nato a Galliera Veneta (PD) il 21.02.1916. Dal documento risulta che ha prestato servizio nel 317° Reggimento Fanteria – 8° Compagnia, giunto in Grecia il 5 giugno 1942, in zona di guerra il 18 novembre e dato per disperso il 23.01.1943 in occasione di eventi bellici, quindi mesi prima della tragedia di Cefalonia dove si supponeva avesse trovato morte. E’ possibile risalire alla località dove la Compagnia era dislocata e precisare “l’evento bellico” del 23 gennaio ’43 o piu’ immediato vicino a tale data?
Ringrazio per l’attenzione e porgo i miei piu’ cordiali saluti.
Nevio Bigolin
Allego copia dei documenti per eventuali elementi che possano essere di utilità.
17 novembre 2012
Spett. sig. Nevio,
da uno sguardo ai documenti sembrerebbe che lo zio sia disperso in un periodo nel quale non ci risulta che il 317° fosse coinvolto in eventi bellici.
Da quanto ci è dato sapere quel reggimento (in cui c'era anche mio padre) nel gennaio 1943 era di presidio nell'isola di Zante e si trasferì solo più tardi a Cefalonia.
In quel periodo in tutta la grecia non succedevano battaglie o combattimenti, salvo sporadiche scaramucce con i partigiani locali. Ora può anche darsi che lo zio fosse coinvolto in qualche missione o compito particolare da non essere a Zachintos nel periodo in cui si sono perse le sue tracce, perché, come dicevo, non ci risultano in quel mese eventi bellici sull'isola. La dizione sul foglio matricolare è poi assolutamente generica e bisognerebbe sapere da che fonte è pervenuta: cosa che ritengo, ora, poco probabile. Purtroppo questo è uno di quei casi ai quali solo un miracolo potrebbe, oggi, dare una risposta certa.
Cordialmente
Il redattore
Orazio Pavignani
Illustre Associazione acqui,
le scrivo per avere informazioni circa mio nonno ormai scomparso. So che ha combattuto a Cefalonia nella divisione acqui ma purtroppo all'epoca ero ancora molto giovane e non ho saputo cogliere con la dovuta attenzione i racconti che spesso descriveva circa la sua prigionia. So di certo che gli fu anche attribuita una medaglia che ora conserva un mio zio carabiniere.
Lascio qui di seguito i dati di mio nonno.
Eusepi Felice nato a Bassano Romano (Vt) il 21 luglio 1921.
Inoltre ricordo che spesso parlava di un capitano, chissà se si potrebbe venire a conoscenza del nome di questo.
Anticipatamente ringrazio.
Eusepi Francesca
01 novembre 2012
Gentile Francesca,
scusandomi per il ritardo e dopo alcune ricerche devo, purtroppo, comunicarle di non aver trovato nulla su nonno Felice.
Sono molto dispiaciuto di questo poichè capisco esattamente quello che lei prova alla mancanza di informazioni sul suo caro.
Capita spesso di non trovare informazioni su ex soldati della divisione Acqui, però un consiglio che le posso dare è quello di fare una ricerca presso l'Archivio di Stato di Viterbo che probabilmente era il distretto militare di suo nonno.
Deve richhierdere il suo foglio Matricolare nel quale, se suo nonno ha fatto le dichiarazioni del suo percorso di guerra, quando è rientrato dalla prigionia. Quando avrà in mano questo documento allora, in base ai dati che esso riporta, riusciremo a dare una collocazione logistica, al povero Felice, nell'ambito della vicenda della divisione Acqui.
Spero che lei trovi tale documento per poterle dare maggiori risposte.
Il redattore
Orazio Pavignani
Gentile Signor Orazio Pavignani,
si, sono dispiaciuta ma comunque grata per il tempo e il lavoro speso per aiutarmi in questa ricerca.
La ringrazio per il consiglio datomi e presto lo metterò in atto recandomi all'Archivio di Stato.
In questo giorno di festa, colgo l'occasione per fare gli auguri a Lei e a tutta l'associazione Acqui.
Spero di poterla contattare di nuovo in futuro per condividere con Lei informazioni utili circa mio nonno.
Con stima e gratitudine,
Francesca Eusepi
Egr. Dott. Pavignani,
sempre a proposito del mio pro-zio Ten. Mario Cartasegna, sul libro di Alfio Caruso ho trovato questa citazione a proposito dei fucilati di San Gerasimo: “…Che cosa avrà pensato il giovane tenente Franco (in realtà “Mario") Cartasegna che si riteneva miracolato per esser scampato il 18 al massacro di ponte Kimonico?…".
Le risulta che Caruso si sia basato su qualche documento per dire che “Cartasegna si sentiva miracolato"?
Pregandola di scusarmi per il disturbo le porgo i miei più cordiali saluti.
Giuseppe Sitzia
07 ottobre 2012
Gentile sig. Giuseppe,
purtroppo le informazioni in merito al suo prozio non sono molte.
Di sicuro faceva parte del 317° reggimento fanteria ed ha combattuto la battaglia del ponte Kimonico, e questa notizia ci fa presumere che facesse parte del I° battaglione di presidio sulla costa orientale di Cefalonia fra Sami e S.Eufemia. Questo battaglione attraverserà l'isola per cercare di prendere alle spalle i Tedeschi sbarcati ad Aghia Kiriaki ma trovò il ponte Kimonico distrutto perchè fatto saltare preventivamente dagli stessi.
Il suo nome viene ricordato nei libri di Don Luigi Ghilardini “Sull'Arma si cade non si cede" , su quello del fante (anche lui del 317°) Olinto Giovanni Perosa “Divisione Acqui figlia di nessuno" e su quello di padre Romualdo Formato “L'Eccidio di Cefalonia" (di cui allego le pagine) oltre al libro che lei mi cita.
Alfio Caruso ha scritto un ottimo libro su questa storia basandosi su tutte le testimonianze presenti in quel periodo fra le quali quelle che le ho citato e diverse altre, ottenendone un sunto superbo arricchito dalle sue deduzioni.
Come le dicevo, purtroppo, come per tanti altri soldati che morirono su quell'isola non abbiamo potuto ricostruire molto se non in linea generale, d'altronde i principali testi su cui si basò tutta la pubblicistica pubblicata sono quelli che le ho citato più molte dichiarazioni fatte sotto giuramento da molti soldati che ebbero la fortuna di rientrare e che non è detto avessero conosciuto il suo parente e che può trovare nell'archivio storico a questo link: http://www.isaremi.it/archivio.html.
Tuttavia in caso dovessi imbattermi in altre informazioni sarà mia premura informarla.
Sempre a sua disposizione le porgo i più cordiali saluti.
08 ottobre 2012
Gent. Sig. Pavignani,
le sono molto grato delle notizie che mi ha inviato e le esprimo anche la riconoscenza della nostra famiglia per l'encomiabile lavoro che l'Associazione Acqui conduce per non dimenticare.
Cordiali saluti.
Giuseppe Sitzia
Buongiorno,
vi scrivo perchè vorrei reperire notizie che possano ricostruire le vicende accadute a FROSI GIUSEPPE (classe 1911 ) di Pescarolo (CR) soldato semplice disperso dopo la strage di cefalonia.
Si tratta del nonno materno di mia moglie e questa mattina dopo aver partecipato alla commemorazione annuale della strage di cefalonia qui a Cremona abbiamo fatto una scoperta che ci ha lasciato stupiti , la madre di mia moglie ha recuperato pochi giorni fa da un piccolo quadretto una fotografia del padre disperso e sul retro della fotografia c'era la serigrafia tipica delle cartoline infatti era indirizzata alla moglie ed alla figlia e riportava la seguente dicitura “Corinto 23-08-1944".
La cosa mi ha stupito perche la strage si è consumata nel settembre del 1943 quindi devo dedurre che a distanza di un anno lui era ancora vivo e presumibilmente non prigioniero visto che aveva potuto consegnare a mano la cartolina ad un commilitone che la portava in italia consegnandola personalmente alla moglie.
Giuseppe è sempre stato dichiarato dispeso quindi non ci sono testimonianza sulla sua uccisione , per tutti questi anni noi abbiamo sempre pensato che fosse stato ucciso a cefalonia nel settembre del 1943 ma ora questa cartolina ha riaperto ogni possibile ipotesi.
La prima domanda che ci poniamo è , cosa ci facevano degli italiani a Corinto a distanza di un anno ? erano prigionieri dei tedeschi? sono stati successivamente deportati oppure uccisi a distanza di un anno dalla principale strage?
La madre di mia moglie non ha mai fatto ricerche in passato ma ora noi vorremmo cercare di ricostruire anche se parzialmente i fatti accaduti.
Ringraziandovi anticipatamente per le notizie o suggerimenti che potrete darci
vi salutiamo cordialmente.
famiglie Frosi e Lombardi
07 ottobre 2012
Gentili Signori,
è molto difficile dopo tanti anni ricostruire la storia di persone che purtroppo, o perchè cadute o perchè disperse, non fecero mai più ritorno in Italia.
Ci possono essere delle spiegazioni razionali in merito a quanto avete scoperto.
a) l'elenco dei caduti o dispersi a Cefalonia non è sempre preciso nelle sue informazioni. Infatti quell'elenco fu elaborato sulla base delle testimonianze di chi riuscì a rientrare in patria a su un'indagine fatta presso i comuni di residenza a presso le famiglie. Succede molte volte che ci siano delle incongruetà. Può darsi che qualche suo commilitone lo abbia perso di vista durante i giorni degli eventi di Cefalonia e che non avendolo più trovato lo abbia dato per disperso in quei frangenti.
b) Molti soldati riuscirono, con l'aiuto della popolazione greca, a rifugiarsi nel continente in territorio greco per poi fare una vita da sbandati nascondendosi continuamente per sfuggire ai rastrellamenti tedeschi o in molti casi si unirono alle unità partigiane che operavano in tutta la Grecia. Pochi comunque furono i casi nei quali i nostri soldati furono trattati alla pari con i partigiani: primo furono spogliati delle loro armi e delle loro scarpe poi gli furono affidate mansioni di servizio; quantomeno potevano mangiare ed avere un punto di riferimento.
c) è successo che molti dei nostri soldati venivano accolti dalle famiglie greche, le quali fornivano vitto e alloggio in cambio di un aiuto nei lavori agricoli.
D) il fatto di averlo ritrovato a Corinto (così all'interno nel territorio Greco)non esclude che giuseppe fosse anche stato fatto prigioniero dai tedeschi, i quali non erano sempre così severi lasciando una relativa libertà ai nostri soldati, e che alla data dell'agosto 1944, avevano già iniziato il loro ritiro dalla grecia e dai balcani lasciando i loro prigionieri al loro destino come successe anche sull'isola di Cefalonia mentre i fuggiaschi, nella maggior parte dei casi gli sbandati, rimasero sulla costa orientale incamminandosi verso l'Albania e la Yugoslavia nel tentativo di raggiungere a piedi i confini italiani.
Non è quindi improbabile che lui abbia consegnato la cartolina a un suo commilitone da portare a casa e questa persona era forse l'unica che poteva fornire le ultime sue notizie.
Sta di fatto che in tutti i casi che ho spiegato, le condizioni assolutamente estreme in cui erano costretti a vivere, a meno che non fossero ospiti di famiglie, causarono molti casi di malattie e morti di inedia, cosa, quest'ultima, che non credo nel caso del vostro congiunto che ebbe la forza di scrivere la cartolina ma poi non potè rientrare in Italia.
Gli indizi comunque fanno pensare ad una sua prigionia fino a quando i tedeschi non abbandonarono di loro iniziativa il territorio greco poi magari lui consegnò la cartolina a un suo commilitone in quanto non poteva fisicamente recarsi agli imbarchi sulle navi inglesi che dal porto di Patrasso fecero rientrare centinaia di prigionieri e sbandati italiani.
Non ho potuto essere assolutaqmente preciso, ma a distanza di ormai settant'anni credo che non si possa far di meglio e l'unica possibilità penso possa risiedere nell ritrovamente di qyualche diario scritto da chi visse insieme a lui la sua stessa vicenda, ma come si suol dire, bisognerebbe avere un grande colpo di fortuna.
Quello che ho descritto è il frutto di 15 anni di ricerca e centinaia di letture, in merito alla Divisione Acqui e soprattutto nella disperata ricerca di qualcosa che mi parlasse di mio padre che fortunatamente tornò a casa ma che mai raccontò la sua odissea bellica e poi morì prima che fossi abbastanza maturo per affrontare, da adulto, questo argomento che lui si è sempre portato dentro assumendosene tutto il carico senza condividerlo con nessuno, cosa che moltissimi reduci fecero.
sarei molto felice se potesse farmi avere copia della fotografia in oggetto in modo da poter dare un volto ad un nome su un elenco ed aprire un suo fascicolo da mettere nel nostro istituto storico ad Arezzo e dare a lui una sorta di immortalità.
Sempre a vostra disposizione vi porgo i più cordiali saluti.
Orazio Pavignani
Buonasera ,
non so come ringraziarla per la sua ben argomentata e ricca risposta , ci ha già fornito numerosi indizi su cui iniziare ad approfondire , nei prossimi giorni provvederemo a scannerizzare in formato PDF la fotografia con le scritte sul suo retro , e le invieremo a questo indirizzo.
La ammiriamo per il lavoro che ha fatto fino ad oggi nel raccogliere informazioni che possono essere utili a tante persone che cercano anche solo frammenti di storia per ricostruire i tanti drammi personali che ci sono dietro ad ogni vittima e ad ogni scampato a quei giorni.
Posso comprendere la sua angoscia nel cercare di capire le sofferenze che ha passato suo padre , io mi ritengo fortunato perchè mio padre scomparso un anno fa , reduce di russia, quando ero piccolo mi raccontava sempre le sue vicissitudini in guerra , il fronte , la ritirata e di come fece a salvarsi , sono ricordi indelebili che non potrei mai dimenticare.
Nei prossimi giorni ,grazie ad internet proseguirò la ricerca seguendo gli spunti che mi ha dato lei.
Ci sentiamo nei prossimi giorni quando le invierò la fotografia.
cordiali saluti
Cesare
Buonasera,
come le avevo promesso ecco le foto , in questi giorni guardando anche altre due foto ho un po' ricostruito il suo percorso in grecia , nel 1941 era a Corfù , nel 1942 risulta essere a Cefalonia ed in fine c'è la cartolina da Corinto del 1944 .
Da quello che ho letto , da Corinto i Tedeschi se ne sono andati nei primi 10/12 giorni di ottobre 1944 quindi mi rimane da scoprire cosa gli è successo tra il 23-08-1944 e la ritirata dei tedeschi. Rimane un mistero chi era e come ha fatto a tornare il commilitone che ha portato personalmente la fotografia alla moglie , e se lui è partito come mai Giuseppe non poteva.
Se può essere un elemento che lo potrebbe distinguere , lui da civile era Barbiere e sarto ed infatti in alcune foto è ritratto mentre fa la barba ai compagni , può darsi che qualcuno lo conoscesse come il barbiere di Cremona o Cremonese o una cosa del genere.
in ogni caso continuerò la mia ricerca , se troverò qualche altro elemento non mancherò di informarla.
la saluto cordialmente
Cesare
Buongiorno,
sono in possesso di una cartolina postale per le forze armate inviata da “Costa Costantino, 317° Reggimento Fanteria Divisione Acqui" indirizzata a Veglie. Nel sito del ministero della Difesa mi risulta che nel sacrario sia sepolto il soldato “Costa Costantino" nato a Veglie e deceduto il 05/06/1944 nella zona “AT 579".
Siete in grado di fornirmi altre notizie?
In ogni caso Grazie.
Santoro Giuseppe
Signor Giuseppe buongiorno,
da ricerche fatte nei nostri archivi non risultano, purtroppo notizie ulteriori sul soldato Costa Costantino.
Nel nostro elenco dei caduti viene ricordato nativo di Veglie il 21 marzo 1922 e dato per morto in prigionia in territorio Greco il 5 giugno 1944.
La zona della Grecia indicata con la sigla “AT 579" ci è al momento sconosciuta ma faremo le dovute ricerche nel tentativo di darle una risposta più precisa guardando nei verbali di ritrovamento delle salme della missione Militare comandata da don Luigi Ghilardini, che nel 1953 riportò in Patria numerosi resti di altrettante vittime di quel periodo bellico.
Cordialmente
Il redattore
Orazio Pavignani
Salve e grazie del meraviglioso sito. Io stavo cercando informazioni su mio nonno, morto molti anni fa quando ancora dovevo nascere. Era un sopravissuto allo sterminio di cefalonia, si chiamava Guido Ballarini. Volevo avere se possibile informazioni su di lui che testimoniano la sua presenza sull'isola.
Mi piacerebbe avere, sempre se possibile, una lista di tutti i reduci di cefalonia vivi o morti che siano. Spero vivamente di ricevere informazioni per fare un regalo a mia nonna (sua moglie) che ora compie 94 anni e che lo ha sempre sostenuto, ha pregato per lui mentre si trovava a Cefalonia, lo hanno fatto prigioniero e portato in germania, poi è riuscito a scappare ed è tornato a casa a piedi. grazie dell'attenzione
Mattia Ballarini
3 settembre 2012
Caro Mattia,
devo dirle purtroppo che nei nostri archivi non risulta il nome del nonno, come d'altronde non ne risultano tanti altri.
Tutto ciò dipende da quali rapporti i reduci avevano sostenuto con l'associazione. Molti di essi, vuoi perché stavano in campagna o in montagna, vuoi perché volevano chiudere tutti i ponti con il passato, non vollero più avere a che fare con la storia da loro vissuta; d'altronde trovarsi con gli altri avrebbe significato riaprire ferite che volevano assolutamente chiudere. Per avere informazioni l'unica possibilità è quella di recarsi all' Archivio di Stato della provincia del distretto militare del nonno e richiedere il suo foglio matricolare.
Su tale documento se il nonno è stato diligente si dovrebbe trovare il suo percorso bellico. Una volta ottenuto questo sarà possibile collocarlo nella vicenda della divisione Acqui.
Cordiali saluti
Orazio Pavignani
Spett.le Associazione Acqui, sono un appassionato di storia e sarei interessato a verificare due fatti riguardanti i giorni della dolorosa disfatta di Cefalonia.
1) Il primo è se è vero che il Generale Ambrosio tentò di inviare degli aiuti a Cefalonia;
2) il secondo è se è vero che un altro generale, di cui non so il nome, che operava a Brindisi, per aver insistito troppo nel dire che bisognava aiutare la Divisione Acqui, scontò 2 o 3 giorni di carcere.
Grazie per la cortese attenzione.
Silvano Bertazzoni
21 agosto 2012
Signor Silvano buonasera,
per rispondere alla sua prima domanda le posso dire che Il Generale Ambrosio non tentò assolutamente di inviare aiuti a Cefalonia, nè poteva farlo in virtù dell'armistizio firmato con gli alleati, a cui era stato ceduto il controllo totale di tutte le nostre forze aereonavali quindi semmai l'invio di aiuti doveva essere deciso dai comandanti angloamericani.
Una cosa è certa, diverse furono le richieste di aiuto da parte del Generale Gandin al comando supremo in quel momento a Brindisi, ma l'ultimo messaggio inviato a Cefalonia da Ambrosio fu:“ Impossibilità invio aiuti richiesti, infliggete nemico più gravi perdite possibili Alt Ogni vostro sacrificio sarà ricompensato Alt Ambrosio “.
2) il 18 settembre 1943 durante la battaglia, con l'unico mezzo rimasto a disposizione (un motoscafo della croce rossa) il Generale Gandin inviò il s.ten di vascello Vincenzo Di Rocco in missione onde raggiungere Brindisi per chiedere personalmnente aiuti. Purtroppo egli raggiunse Brindisi solo il 21 settembre quando la battaglia era ormai conclusa.
Dopo la guerra si disse che l'Ammiraglio Galati di sua iniziativa partì in direzione delle isole ionie. Ma fu fermato dal comando alleato in quanto era partito senza il loro permesso ed alle sue rimostranze gli fu detto che se avesse proseguito lo avrebbero affondato, quindi suo malgrado dovette rientrare alla base.
Sperando di essere stato sufficientemente esaustivo le invio i più cordiali saluti.
Orazio Pavignani
21 agosto 2012
Gent.le Sig. Pavignani, la ringrazio infinitamente per la sua cortesia, con la quale mi ha aiutato a capire, una volta di piu, che “certi” libri abusano di “verità” raccolte non so in che modo e chissà dove. Ancora grazie.
Silvano Bertazzoni
Buonasera
sono Arturo Colombo, figlio di Salvatore Colombo ( 29/09/1923 – 29/08/2009 ) superstite di Cefalonia, appartenente alla Divisione Acqui. Mio padre non parlava volentieri di quanto aveva vissuto e sofferto, ed io sto per rendere omaggio a lui ed ai caduti in quella terra settimana prossima.
Avete qualche notizia in più che lo riguardi? Mi farebbe piacere ricordarlo anche in questo modo.
Saluti.
Arturo Colombo
7 agosto 2012
Spett Sig. Colombo,
mi spiace dover comunicare che dopo un controllo nei nostri archivi ho appurato di non avere alcunainformazione in merito a suo padre. Il solo nome non ci è sufficiente per poterlo collocare nei fatti successi a Cefalonia ed avremmo bisogno di sapere in quale reparto era in che battaglione ecc ecc.
Con queste informazioni si può ricostruire il suo percorso anche se in forma generalizzata ma abbastanza verosimile.
Questi dati li può trovare richiedendo all'archivio di stato della provincia del suo distretto militare il suo foglio matricolare. In quanto al fatto che non ne parlasse in famiglia, è una cosa comune in tutti i reduci della Divisione Acqui in quanto, poveri loro, vissero un esperienza veramente traumatica.
Se riuscisse a farci avere le informazioni che le chiediamo riusciremmo a dirle le zone di Cefalonia dove potrebbe essere stato.
Cordiali saluti
Orazio Pavignani
7 agosto 2012
La ringrazio moltissimo per la sua gentilissima e celere risposta.
Mia sorella , minore di me (io ho 61 anni ), mi dice che ha trovato, alla morte del papá il 29/8/2009, nei suoi cassetti , fogli scritti da americani al momento del rimpatrio a Trieste, o Ancona. Lei non si ricorda bene: appena me li darà , li fotocopierò e ve li invierò in modo da costituire un fascicolo e sapere qualcosa di più .
Nel frattempo mi attiverò presso il distretto. Ho anche cercato a questo indirizzo, ma non ho trovato nulla:http://www.isaremi.it/archivio.html.
A risentirci e grazie ancora.
Arturo Colombo
Gentile Associazione,
credo che molte persone della mia generazione hanno avuto dei nonni che son stati in guerra…
io ho il ricordo di mia sorella che, per un compito assegnatole dalla maestra delle scuole elementari, chiedeva a mio nonno paterno di raccontare la sua di esperienza. Mio nonno, Amadio Pasqualino, veneto di origine, ha sempre parlato poco di quegli anni e le poche cose che ricordo al riguardo si legano proprio a quel lontano ricordo di lui intervistato dalla giovanissima nipote.
di quel racconto ricordo poco: i nomi della città di Corfù e soprattutto la cruda descrizione di navi che affondavano e di uomini che per salvarsi, pur non sapendo nuotare, si gettavano a mare andando incontro ad una triste fine…come potete capire son ricordi frammentari, confusi tra realtà e fantasia, rimasti incollati nella mente di una bambina facilmente impressionabile, ora, da adulta vorrei cercar di far chiarezza e chiedere qualcosa di più…
purtroppo mio nonno è mancato diversi anni fa e a lui non posso più chiedere di spiegarmi, di raccontarmi, per questo vi contatto, per chiedervi di aiutarmi a ricostruire dei ricordi.
vorrei sapere se voi avete o se esistono degli archivi consultabili nei quali trovare i nomi dei giovani soldati di stanza a Corfù e se ci sono gli elenchi dei sopravvissuti alla strage del 43. mi piacerebbe iniziare da li.
vi ringrazio fin da ora e porgo cordiali saluti
Elisa Amadio
3 agosto 2012
Gentile Elisa,
ho letto attentamente la sua lettera e cercherò di aiutarla al meglio in quanto penso di capire molto bene il suo stato d’animo. Io, a quel tipo di domande che lei mi pone, ho dovuto cercare risposte allo stesso modo ma nei confronti di mio padre che anch’egli si salvò dalla tragedia della Divisione Acqui ma che evitò di raccontarci quanto aveva passato.
Ora leggo che abbiamo due indizi: lui parlava di Corfù e delle navi che affondavano dalle quali i soldati si buttavano nell’intento di salvarsi.
Questi due indizi e la regione di provenienza, farebbero pensare che lui facesse parte del 33° reggimento artiglieria, del quale molti artiglieri furono sia a Corfù che a Cefalonia.
Lui parlava infatti di Corfù probabilmente per il fatto di esserci stato e a Cefalonia probabilmente ha assistito allo scoppio della nave Ardena con i soldati che si buttavano a mare, fra i quali c’era mio padre che fortunatamente si salvò a nuoto.
Le mie sono supposizioni altamente approssimative dovute alla conoscenza di artiglieri che hanno fatto questo percorso.
Il consiglio che le do è di rivolgersi all’archivio di stato della provincia di appartenenza del distretto militare di suo nonno (es. se è nato in prov. di Treviso, Treviso
Oppure se aveva cambiato residenza prima del servizio militare, in quella provincia)e di richiedere il “Foglio Matricolare”. Su questo documento dovrebbe trovare il suo tragitto per tutto il periodo passato sotto le armi e a quel punto sarà molto più semplice collocarlo nella vicenda della Acqui in modo più preciso.
In attesa di sue comunicazioni la saluto cordialmente.
Orazio Pavignani
5 agosto 2012
Gentilissimo Orazio,
ho letto con piacere la sua risposta che è arrivata davvero in tempi rapidissimi! è stato davvero molto gentile, le sue indicazioni mi saranno molto utili. Seguirò i suoi consigli per continuare la mia ricerca e vista la sua disponibilità non appena avrò qualche informazione in più mi rifarò sentire.
Grazie!
Elisa
Buonasera, mi chiamo Flavia Tudini e sto cercando di ricostruire la vicenda di un cugino di mia nonna: il tenente Umberto Righi. Ho trovato diversi documenti a casa tra i quali anche un diario su cui sto preparando la tesi di laurea. Mi rivolgo a voi per avere ulteriori delucidazioni: ho visto dal vostro sito che è stato insignito di particolari menzioni d'onore, perchè?
nessuno a casa sa a cosa sia dovuto e non abbiamo alcun docuento; come faccio a trovare il suo stato di servizio per sapere che mansioni aveva al quartier generale di Atene dopo che è stato trasferito nell'estate del 1943?
Posso sapere chi erano i sui commilitoni alla cattura? so di un certo C. De Luca.. ogni informazione mi è preziosa, spero che possiate aiutarmi a scoprire qualcosa in più…
grazie
Flavia
28 luglio 2012
Carissima Flavia,
purtroppo la lunga ricerca da me effettuata non ha dato molti frutti, ma è così per molti protagonisti della nostra storia. Tutto quello che mi ha condotto a lui l'ho messo in allegato. Ho riguardato diversi testi che parlano del 18° reggimento di stanza a Corfù ma nessuno fa riferimento al S.ten Umberto Righi.
La cosa mi stupisce poiché essendo stato messo nell'elenco dei soldati menzionati per particolari meriti su di lui non è stato scritto
nulla: probabilmente si è distinto in modo particolare in azioni di guerra.
Come mi stupisce che non ci sia una suo riferimento al museo della certosa dedicato ai caduti della libertà quando nel libro" Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945)" di Nazario Sauro Onofri (all pagine da vol V. a meno che non sia un omonimo) c'è un lungo articolo su di Lui.
Ricostruire quindi i suoi percorsi non sarà facile anche perché su di lui abbiamo appreso solo che faceva parte del 18° fanteria (quale battag.? Quale comp.?) e che è dato per caduto in prigionia l' 1 marzo 1944 nel campo di concentramento Hamburg Langenhof.
Pertanto la sua collocazione nell'ambito delle vicende della Divisione Acqui a Corfù, con i dati in nostro possesso, possono essere solo generiche. Magari rivolgendosi all'archivio di stato di Bologna possiamo sperare di avere qualche indizio in più, ma essendo caduto in prigionia non nutro troppe speranze, vale però la pena tentare. Le allego comunque un paio di testi con i quali si può fare un'idea di quanto è successo a Corfù tramite il diario del Ten. Colonnello D'agata comandante del 33° artiglieria ed il diario di un fante (Lino Rigoni) che magari è stato subalterno al suo parente.
In qualità di storico della nostra Associazione sarei molto lieto di poter aver una copia della sua tesi e se possibile una copia del suo diario e quanto vorrà metterci a disposizione per aprire un suo fascicolo e depositarlo nel nostro istituto Storico in modo che possa essere sempre visibile e dia una sorta di immortalità al Ten. Righi.
Spero di esserle stato d'aiuto e sono disponibile a rispondere, per quello che posso, ad altri suoi quesiti.
Cordiali saluti.
Orazio Pavignani
31 luglio 2012
Gentile Signor Pavignani, la ringrazio molto per le ricerche che ha fatto, che mi forniscono elementi preziosi per quanto riguarda la vicenda militare della Divisione Acqui. Sono partita da pochi elementi per ricostruire la storia del Ten. Righi, e piano piano i contorni si fanno più nitidi. Innanzi tutto ho verificato, da alcune lettere che ho trovato tra le sue carte, la sua esatta collocazione (Timbri impressi sulle buste con l'indirizzo cui inviare la corrispondenza): 17° Reggimento di Fanteria “Acqui" 5^Compagnia P.M.
412. Questo non collima, però, con il dato fornito dal Padre Romualdo Formato, che dice “18°". Inoltre ho scoperto, sempre dal diario e dalle lettere, che il 2 luglio 1943 era arrivato ad Atene, assegnato al Quartier Generale, ufficio “Affari vari". Il giorno dopo scrive che pensa di chiedere al Ten. Col. Bertaccini di prenderlo all'Ufficio stampa. Infatti la sua vocazione era di fare il giornalista (aveva anche contribuito a fondare il giornale universitario 'L'Architrave' di Bologna). Nel diario e nelle lettere esprime idee molto critiche sul regime, e dopo l'Armistizio viene deportato in Germania. Qui il diario non aiuta, è molto confuso, infatti – secondo quanto risulta da due
fonti: il volume di autori vari (tra cui N.S. Onofri) “Antifascisto, Partigiani e vittime del fascismo nel Bolognese", V volume, e un breve articolo “L'internato che impazzi nel carro piombato" : Estratto dal n. 5 Quaderni del Centro Studi sulla Deportazione e l'Internamento / Carlo De Luca, egli finì drammaticamente, dopo un viaggio di 12 giorni in un campo vicino Bremenword (Sandbostel, pare, non Lagenhof). Lì morì il 1 marzo 1944. Alcune testimonianze dicono che fu ucciso – fucilato – per le sue continue ribellioni. Non aveva mai ripreso la lucidità perduta durante il viaggio (questo si evince anche dalle pagine del diario).
Il diario stesso e altre carte furono salvati, non so come, probabilmente sepolti con lui, e restituiti alla madre dopo la guerra insieme alla salma (che infatti ora riposa al cimitero di Bologna). Immagino che tutta la vicenda della deportazione sia difficile da ricostruire, e comunque ho trovato varie testimonianze di militari italiani deportati e internati in Germania che aiutano a capire come si svolsero le cose. Tutto quello che può trovare in più per delineare meglio la storia di questa persona, almeno finché si riesce ad avere qualche dato certo, mi può serivre.
Un altro elemento: lui era partito per la guerra da subito: da giugno 1940, infattti all'epoca di Cefalonia erano già trentasei mesi che si trovava 'oltremare' (lo dice nel diario).
Grazie moltissimo per l'interessamento, a presto
Flavia Tudini
31 luglio 2012
Visto quanto appurato le invio un file riguardante uno dei pannelli della mostra sulla Divisione Acqui che ho realizzato, che dà alcuni cenni sul 17° fanteria e nel quale ci sono anche fotografie di ufficiali.
Se riguardando le lettere di Umberto dovesse capire anche di quale battaglione facesse parte riuscirei anche a collocarlo in modo migliore e più preciso nell'Isola di Cefalonia. I diari che di soldati del 17° sono tutti molto improntati sulla battaglia e soprattutto sulla prigionia e a prima vista non accennano al Ten. Righi. Certo il fatto che già da luglio 43 fosse già in Atene non aiuta la ricerca su testi imperniati su quanto successo nelle isole Ionie.
Orazio Pavignani
Spettabile Associazione,
mi rivolgo a voi perché non so a chi altri rivolgermi. Ho trascorso il mio periodo di leva presso il 17° Battaglione San Martino nel 1990. Mi piacerebbe molto avere il testo completo dell'inno che cantavamo ogni mattina all'alza bandiera, pensando alle gesta drammatiche e gloriose di chi ci aveva preceduto. Su internet ho trovato appena qualche traccia, ma secondo me non è il testo completo, me lo ricordavo più lungo.
“Cefalonia che risplendi nel Sole
nel martirio dei Fanti d'Italia
che pugnar che morir nel tuo grembo
con l'Italica Fede nel Cuor.
Eran Fanti del bel 17°
Reggimento dell'Acqui possente
non sei più ma sei tu Cefalonia
la più fulgida gemma del Sol.
Noi siamo gli Eredi, Noi siamo i Custodi,
del Sangue dei Fanti, caduti da Prodi
del bel 17°, serbiamo i Valori
l'Orgoglio serbiamo, la Fede e l'Onor.
Cefalonia che risplendi nel Sole
nel martirio dei Fanti d'Italia
che pugnar che morir nel tuo grembo
con l'Italica Fede nel Cuor.
Eran fanti del bel 17°
Reggimento dell'Acqui possente
non sei più ma sei tu Cefalonia
la più fulgida gemma del Sol."
Vi chiedo la gentilezza se in vostro possesso di fornirmi il testo di tale inno. Inoltre nella speranza di non sembrarvi troppo molesto se è possibile avere una versione in mp3 al fine di riascoltarla dopo tanti anni, mi farebbe molto piacere. Perdonate le richieste sfacciate, ma 1 anno di vita in divisa non si scorda facilmente.
Distinti saluti.
Gian Luca Lippolis
4 luglio 2012
Gentile Gian Luca,
stiamo facendo le ricerche che ci serviranno per darle la risposta migliore possibile, pertanto la preghiamo di avere un po' di pazienza
Grazie e cordiali saluti.
Orazio Pavignani
APPELLO AI LETTORI
COME REDAZIONE NON SIAMO ANCORA RIUSCITI AD AVERE RISPOSTE VALIDE AL QUESITO DEL SIGNOR GIAN LUCA, VI CHIEDIAMO QUINDI UN AIUTO PER RISOLVERE IL QUESITO. GRAZIE
Gentili signori,
ho un debito verso il mio papà, scomparso da qualche anno: gli avevo promesso di aiutarlo nel rintracciare notizie di suo fratello partito per l'Albania/Grecia e mai più tornato. Aveva 20 anni circa e si chiamava Salvatore CLEMENTE. Era stato arruolato nella divisione Acqui ed era partito dal comune di Inveruno ( MI ) dove la sua famiglia risiedeva dopo essere emigrata dalla Sicilia, esattamente da Palermo dove era nato nel 1920 ( ? ). Tanti anni fa il papà chiese al citato comune copia del foglio matricolare di questo mio zio, ma gli dissero che non era disponibile perchè, molto tempo prima, gli archivi comunali avevano subito ingenti danni da una esondazione d'acqua..Vero o falso…chissà. So che poi si rivolse anche ad altri organismi senza però mai venire a capo di nulla. Gli è sempre rimasto il groppo di non sapere nè poter onorare in qualche modo, se non con il pensiero e la preghiera, la memoria del suo amato fratello più grande.
Chiedo cortesemente il Vs. aiuto per avere notizie, se ce sono, di questo mio zio. Chiesdiìo che mi indichiate se e cosa io possa fare, dove mi devo rivolgere per cercare notizie e la verità finale, se sarà possibile. I miei fratelli (di cui il maggiore porta il nome dello zio disperso) ed io ve ne saremo grati per sempre.
Cordialissimi saluti
Enrico Clemente
25 aprile 2012
Gentile Signor Enrico,
da una prima ricerca fatta sul fascicolo “Onore ai Caduti" – fascicolo che riporta i caduti della Divisione Acqui – non risulta purtroppo nessun Salvatore Clemente.
Le informazioni che ci fornisce sono assolutamente scarse e non ci permettono di darle risposte esaustive. Il consiglio che le possiamo dare è quello di richiedere il Foglio Matricolare del signor Salvatore, all'archivio di Stato della provincia di appartenenza del distretto militare cui era iscritto il signor Salvatore Clemente. Se da detto documento dovessereo esserci maggiori informazioni (?????) ce le faccia avere e forse potremmo darle qualche informazione in più.
Cordiali saluti
Orazio Pavignani
25 aprile 2012
Gentile signor Pavignani
per ora La ringrazio molto per la Sua mail. Farò come Lei mi suggerisce : chiamerò domani stesso l'ex Distretto Militare di Milano e Le invierò, approfittando della Sua gentilezza, i documenti che eventualmente mi forniranno.
Ancora grazie. Cordialissimi saluti.
Enrico Clemente
Salve io sto cercando di ricostruire ciò che mio nonno fece in guerra e come era la sua vita in quei periodi; premetto che grazie a un ottimo professore che ho avuto la fortuna di avere alle scuole medie conosco la storia della divisione acqui e all'epoca della scuola media il nostro professore ci porto a vedere i luoghi della strage.
ho poi scoperto che miio nonno, che non ho mai conosciuto dato che morì quando mio padre aveva 17 anni, è stato a cefalonia, mia nonna lo ricorda e il tutto è testimoniato da una spilla attaccata alla croce al merito militare che mia nonna ha recentemente ricordato di avere. Gli unici altri documenti rimasti sono:
– appunto quelli relativi al conferimento di questa onorificenza, dove però è scritto solamente che mio nonno venne internato in germania -il certificato di congedo -e un piccolo diario di querra dove appuntava poche righe al giorno e dove parla brevemente di cefalonia Vorrei sapere se è possibile sapere se egli faceva parte dell'eroica divisione Acqui oppure se era acefalonia con un altra divisione.
chiedo quindi il vostro aiuto e spero possiate rispondermi al piu presto a questo indirizzo mail.
Cordiali saluti.
21 aprile 2012
Spett. Signor Andrea,
per essere certi dell' appartenenza alla divisione Acqui di suo nonno, dovremmo poter vedere i documenti che lei cita. E' fuori dubbio comunque che a Cefalonia è stata occupata solo dalla Divisione Acqui. Se non nei primi giorni attraverso il primo lancio di paracadutisti da parte del regio esercito che di fatto hanno eseguito l'occupazione militare dell'isola.
Sarebbe molto importante per noi avere i documenti ijn suo possesso, che ci permetterebbero, oltre a darle risposte più precise, di aprire un fascicolo a nome del nonno da mettere nel nostro istituto storico assieme a tutti gli altri. In tutti i casi può sempre chiedere il foglio matricolare nell'archivio di stato della provincia del distretto militare Di appartenenza di suo nonno.
Colgo l'occasione per porgere i più cordiali saluti.
Orazio Pavignani
Gent. mo Signor Orazio Pavignani,
Le sono davvero grato per la modalità di comunicazione efficace che ha con le persone…e per l'impegno e dedizione con cui porta avanti con grande Onore per suo Papà, questa importante Associazione.
Le informazioni dei caduti e dispersi in guerra come mio Nonno e suo Padre, sono molto importanti per tutte le famiglie come le nostre, coinvolte in quei tragici eventi, e sono contento che sia proprio una persona di Sani Valori di un Tempo come Lei , che se ne occupi.
Sono profondamente grato per avermi dato alcune informazioni storiche certe, che mi fanno essere fiducioso sul buon esito della mia ricerca, ma poi, anche se non fosse, comunque le sue parole mi hanno donato un pò di serenità , gioia e commozione…sono felice e sereno, sapere che lei è la persona giusta nel posto giusto.
Il nome di mio Nonno è Dartora Giovanni nato il 05/01/1914 a Pederobba 31040 Treviso 317^ REGGIMENTO FANTERIA “ACQUI" e dai dati della legenda… (2) disperso in combattimento CF Cefalonia il 01/09/1943.
Mia nonna mi raccontava che la nave era stata silurata e affondata al rientro in patria… anche se contrasta un po con i dati scritti e che ho appreso, rispetto agli eventi avvenuti in quel Periodo Storico…
Il mio nome è Dartora Andrea, e sono suo nipote, con residenza in Via Cal Munera 14/1 31040 Pederobba Treviso
La ringrazio fin da ora e attendo appena potrà inviarmeli i nomi dei Reduci, che hanno combattuto per la nostra Libertà a fianco di mio Nonno, e suo Padre.
Andrea Dartora
Spettabile Redazione
sono un nipote di Alfredo D' Incal (fratello di mia madre) e Vi scrivo da Padova. Dopo 64 anni dalla loro spedizione ho trovato in maniera del tutto casuale alcune lettere inviate da mio zio a sua madre nel periodo 12.07.1943/20.07.1944. Erano dimenticate in una scatola sopra un vecchio armadio nella casa natale a Santa Giustina Bellunese. Ma c'erano ancora. Le leggo spesso, con immutata emozione, e le conservo come un tesoro. Da quel momento ho deciso di dedicarmi a cercare ogni notizia possibile sulla sorte di quel povero ragazzo partito per la guerra a 19 anni, anche magari solo del suo percorso , seguendo tutte le strade percorribili.
Apparteneva al 317° Rgt. di fanteria della Acqui 1° Btg. 1° compagnia. ed era nato a Santa Giustina Bellunese il
05.10.1923
Riporto di seguito testualmente alcuni stralci dalle lettere trovate:
12.07.1943 P.M. 412 …..stai tranquilla fino che va così non mi lamento ….. ti dirò che ora sono aggregato all'artiglieria e siamo in 20 di noi e una decina di artiglieri e loro sono aggregati alla marina…
10.08.1943 P.M. 2 . ..dicono da diversi giorni che la
nostra Divisione rientra, speriamo sia vero… il nostro reggimento se rientra andrà a Merano e a Padova e qui viene spesso il terremoto e anche abbastanza forte.
02.02.1944 Feldpost 25331 …..vi faccio sapere che mi trovo prigioniero al comando tedesco
23.04.1944 Feldpost 25331/D ….. non mi trovo più in Grecia dal mese di ottobre e ora mi trovo in Ungheria
20.05.1944 Feldpost 25331/D …. sono stato diversi giorni per viaggio e ora mi trovo in Bulgaria
20.07.1944 Feldpost 25331/D ……La paga che ci danno è come nel nostro esercito ma ora ve la spediscono a voi…
Le ricerche che ho svolto finora sono le seguenti:
in marzo del 2010 ho interessato il Col. Multari presso il Ministero della Difesa Previmil per avere qualche aggiornamento su eventuali sviluppi (elenchi caduti forniti dal governo Russo ) e per modificare la data decesso che appare in banca dati (08.09.1943) visto che alcune delle lettere ritrovate sono del 1944. Ho fornito loro copia autenticata come richiestomi ma senza risultato alcuno.
In giugno 2010 mi sono rivolto all' ITS – International Tracing Service a Bad Arolsen in Germania il quale il 16.08.2010 mi ha risposto dichiarando " purtroppo, nonostante le accurate ricerche, nulla ci risulta in merito alla sorte di Alfredo D' Incal".
Mi sono anche avvalso (casualmente) della preziosa collaborazione del sig. Roberto Zamboni (consiglio a quanti mi leggeranno di vedere il sito www.robertozamboni.com) il quale ha escluso che mio zio fosse negli elenchi in suo possesso riguardanti sopratttutto i caduti italiani in Austria Germania e Polonia frutto di anni (suoi) di ricerca avvalendosi anche dell'Archivio Segreto Vaticano.
Ho letto e riletto molto ( ma sempre poco) libri, interviste, testimonianze, parlando anche telefonicamente con il reduce Angelo Scalvini che nuovamente ringrazio per la disponibilità. Ho potuto conoscere casi in cui la tenacia di chi ha cercato ha portato alla soluzione. In merito vedasi Come ho trovato lo zio Antonio a cura di Silvia Falca è molto istruttivo e incoraggiante.
Scopo di questa mia lettera è quello di poter avere le Vs considerazioni in base ai dati esposti sulla vicenda di Alfredo e di rendere visibile la storia alle persone interessate.Oggi disponiamo di incredibili mezzi di ricerca e comunicazione che, anche se non sfruttati per vari motivi in tutta la loro potenzialità, danno fiducia e incoraggiano. Mi piacerebbe molto, prima che non sia più possibile per sempre, comunicare con un reduce appartenuto alla stessa unità di mio zio ,magari della stessa compagnia o addirittura dello stesso plotone. Potrebbe esistere ancora.
Sarebbe a mio parere molto utile quanto interessante l'inserimento nel sito dell'Associazione Acqui di un link per la condivisione di un archivio fotografico . Spesso una sola immagine vale più di mille discorsi.
Ringrazio per l'attenzione e porgo i migliori saluti.
Renzo Piazzon
11 aprile 2012
Egregio signor Renzo,
sacusandomi per il ritardo e dopo aver accertato alcune cose riguardanti il suo parente mi accingo a risponderle:
DINCAL ALFREDO n. il 5 ottobre 1923 a Santa Giustina Bellunese e morto l'8 settembre 1943 in combattimento in territorio greco.
Questa erronea dicitura è quella che appare nell'opuscolo “Onore ai Caduti" redatto dalla sezione romana della nostra associazione ( http://www.associazioneacqui.it/pagine/Onore.html) sulla base delle informazioni tratte dall'Albo d'Oro del Ministero della Difesa.
Capita assai spesso che le informazioni di questo fascicolo non siano esatte, in quanto l'elenco dei caduti fu realizzato in base alle testimonianze di chi tornò a casa e magari chi conosceva suo zio non poteva dare informazioni migliori sulla sua dipartita.
Le lettere da lei ritrovate dello zio dimostrano come non sia facile dare delle nozioni precise sui singoli soldati. Infatti se dovessimo tracciare un percorso solo sulla base del reparto di appartenenza (317° Fnt I btg. I Cmp ) dovremmo in modo assai generale ripercorrere gli eventi a cui questo reparto prese parte.
Il peìrimo battaglione del 317° fanteria era dislocato nel settore nord orientale dell'Isola di Cefalonia e più precisamente da Antisami, Sami e Sant'Eufemia.
Il suo spostamento all'artiglieria ci dice che , probabilmente, era stato aggregato a quel reparto per sotituire artiglieri malati o forse in licenza. Erano ancora in momenti non sospetti e la fanteria poteva prestare risorse umane ad altre unità. Il fatto che gli artiglieri fossero aggregati alla marina può far pensare che per quel periodo fosse posizionato presso la E208 sulle colline di Lassi, tenute appunto dalla omonima batteria della Marina.
Le sue deduzione avvenute in data 10 agosto derivano molto probabilmento dall'arrivo, pochi giorni prima, di un contingente tedesco di 2000 uomini sull'isola, in rispetto al piano Acse nel quale i Tedeschi prevedendo l'impossibilità italiana avevano deciso di affiancare il nostro esercito, con l'intento di portare dalla loro parte i soldati che volevano continuare la guerra al loro fianco e disarmare e catturare le aliquote che con loro non volevano cambattere. Il piano Alarico o Acse, già realizzato nella priimavera del '43 venne messo in atto dopo la caduta, in Italia, del fascismo.
Le altre lettere raccontano qualcosa sulla sua prigionia che dà l'idea di essere comune a quella di tanti altri soldati italiani, e che comunque ci dicono che probabilmente è morto in prigionia o per malattia o per altre cause. Maggiori informazioni su di lui potrebbero trovarsi all'Archivio Generale di Friburgo.
In tutti i casi io penso che Alfredo non sia rimasto con i reparti di Artiglieria , ma che sia rientrato nel suo reparto ed abbia molto probabilmente seguito il tragitto bellico della Iª compagnia del I° battaglione del 317° fanteria, che combattè sulla direttrice Divarata – Ponte kimonico nel vano intento di riconquistare quella importante posizione strategica.
Anche mio padre faceva parte del I° batteglione del 317° ed essendo della 3ª compagnia passò molto tempo di presidio nell'isola di Itaca, per essere poi richiamato il 13 settembre a Cefalonia e inviato a Divarata con il resto del 1° battaglione.
In tutti i casi per darle la possibilità di seguire meglio gli spostamenti della 1ª cmp del 1° btg del 317° Fnt le allego il Pdf del libro di Don Luigi Ghilardini nel quale da pag. 48 a pag. 65 può trovare gli spostamenti del reparto di suo zio, oltre a darle la possibilità di poter leggere la ricostruzione di tutta la vicenda di Cefalonia da parte di chi fu presente, rimase sull'isola anche dopo la sconfitta e fu uno dei promotori e fondatori della nostra Assopciazione essendo materialmente molto di conforto alle famiglie dei caduti rispondendo sempre alle richieste di informazioni ad esso pervenute. Ribadisco che al punto di vista personale, non sappiamo se esattamente lui fosse rientrato nel suo reparto o se fosse rimasto in altri, ma con le informazioni da noi conosciute ci permettono solo di ipotizzare i suoi spostamenti a Cefalonia, anche se, a mio modo di vedere, in maniera sufficientemente verosimile.
Sperando di averla soddisfatta per le informazioni le chiederei se potesse inviarci una foto, in caso l'avesse, di suo zio e quanto a sua disposizione per darci la possibilità di aprire un fascicolo a lui intitolato da mettere nel nostro Istituto Storico presso l'università di Arezzo.
Cordiali Saluti
Orazio Pavignani
Gentile Sig. Pavignani, La ringrazio molto per le interessanti informazioni che mi ha inviato: Desiderando molto ricevere anche l'allegato contenente l' estratto dal libro di Don Ghilardini, Le comunico che da questo momento (finalmente) la mia casella di posta elettronica è in grado di ricevere allegati di una certa dimensione Voglia scusare l'inconveniente. Le chiedo poi come fare per avere informazioni dall'archivio di Friburgo da Lei citato e chi potrei contattare per avere dettagli sui codici di posta militare sia italiana (P.M. 412 e P.M. 2) sia Tedesca (Feldpost 25331/d).Per quanto concerne l'archiovio storico Le comunico la mia disponibilità all'invio di quanto possa ritenersi idoneo.Dispongo di una foto di mio zio Alfredo scattata quando aveva all'incirca 18 anni e di alcune lettere spedite ai genitori presumibilmente da Cefalonia e dall'Ungheria e dalla Bulgaria durante la prigionia. Per favore mi faccia sapere come e dove spedire queste testimonianze. La ringrazio ancora.
Renzo Piazzon
Buon giorno, sono la nipote di un carabiniere che ha combattuto a corfù con la divisione acqui. sto trascrivendo il suo diario di guerra e, qualora ne uscisse qualcosa di pubblicabile, chiedevo a voi il permesso di usare la vostra introduzione storica presente sul sito, specificandone ovviamente la fonte. chiedo gentilmente una risposta a breve, essendo pressochè al termine del lavoro. chiedo ancora qualche consiglio su quali case editrici appropriate e interessate all'argomento potermi rivolgere. complimenti per il sito e per la vostra determinazione nel mantenere viva la memoria. grazie, distinti saluti.
Letizia Gennara, Trento.
Gentile Letizia,
sarà per noi un grande onore vedere pubblicata l’introduzione storica del nostro sito, per la quale la autorizzo al suo uso. Al di là della sua pubblicazione, che sono certo sarà adatto, lo scritto diventerebbe molto interessante anche per la nostra Associazione, che avrebbe la possibilità di arricchire la documentazione perenne presente all’Istituto Storico della Resistenza dei Militari Italiani all’Estero ed anche farne una recensione all’interno dei propri mezzi di comunicazione.
Noi purtroppo non siamo editori e non ne abbiamo neanche la possibilità però le allego una mail che una casa editrice mi mandò quando la interpellai per gli stessi suoi motivi di pubblicazione.
L’alternativa sarebbe quella di rivolgersi a qualche copisteria che ne potrebbe pubblicare anche pochi pezzi alla volta che costerebbero senz’altro di più cadauno ma che richiederebbe uno sforzo economico minore e l’impegno della distribuzione. Io ne conosco una (è la copisteria di cui mi servo ) ma è qui a Bologna.
Sperando di esserle stato d’aiuto la saluto cordialmente.
Orazio Pavignani
Buongiorno sono Roberto Amato, vi scrivo per avere delle informazioni su mio nonno Angelo Pagnoncelli reclutato presso il 33° Regg. Artiglieria Acqui.
Ho scoperto da poco che mio nonno fu arruolato nella “Acqui", tramite delle ricerche su internet e dal ricordo delle testimonianze di mia nonna, che non erano molto chiare (mi disse che faceva parte di un reggimento glorioso, mi disse che fu un alpino della divisione Acque!).
Be alla fine, tramite la richiesta del foglio matricolare, che vi allego, ho scoperto la verità.
Per quanto io mi stia documentando, tramite libri e internet, non sono riuscito a sapere se alla data dell' 8 Settembre si trovò sull'isola di Cefalonia o Corfù.
Infatti sui libri viene specificato che a Cefalonia venne spostato il grosso della truppa, ad eccezione del III Gruppo del 33° artiglieria che rimase a Corfù.
Ora, nel foglio matricolare viene specificato che fece parte della 7° batteria del 33° artiglieria, ma la settima batteria di che gruppo fece parte all' 8 Settembre 1943? a Cefalonia o Corfù?
Dopo l'attacco tedesco, non so come,ma riusci a sfuggire e si rifugiò presso una famiglia, in Albania (dalle testimonianze di mia nonna, famiglia albanese molto cattolica, ricordando che prima di ogni pasto pregavano).
Scusatemi se mi perdo in questi particolari, senza dare la precedenza a quello che la “Acqui" ha rappresentato, senza nascondere il mio stupure per la mancata memoria sui libri di storia scolastici.
Ho scoperto da poco questo piccolo pezzetto di storia, ma ho fatto una grande scoperta, che purtroppo parlando con le persone, quasi nessuno conosce, se non quando accenno al “Mandolino del capitano Corelli".
Grazie per la disponibilità e soprattutto per tenere ancora viva la memoria, attraverso la quale, noi saremo una generazione migliore.
Roberto Amato
03 marzo 2012
Egregio signor Roberto,
innanzi tutto mi scuso per non essere stato immediato nel risponderle, ma ho dovuto accertarmi di alcune cose prima di farlo.
Guardando ciò che dice il foglio matricolare che ci ha inviato possiamo affermare che il nonno era di stanza a Corfù.
Infatti la 7ª batteria del III gruppo sdel 33° artiglieria era situata nella punta sud orientale dell'isola, come si evince dalla piantina dell'epoca che le allego anche se risalente al novembre 1942.
Dal punto di vista ospedaliero invece il nonno ha fatto un po' di andate e ritorno dall'isola di Cefalonia: infatti lo vediamo ricoverato nell'ospedale da campo n° 39 _ che era di stanza a Corfù – il 25 giugno 42, per poi essere smistato all'ospedale da campo n° 527 che era di stanza a Cefalonia. Dimesso da quest'ultimo è rientrato al proprio reparto l'1 agosto dello stesso anno, per rifare la stessa tragitto 30 giorni dopo – 30/8/423 – ed essere di nuovo smistato all'ospedale 527 di Cefalonia il 7 settembre 1942.
A giudicare da quanto scritto in altra parte del foglio matricolare contrasse la malaria terzana, come tantissimi della Acqui in quel periodo, come da dichiarazione redatta dal direttore dell'Ospedale da Campo n° 824 _ anch'esso di stanza a Corfù-.
Da queste scritture si deduce che comunque doveva trovarsi a Corfù dopo l'otto settembre 1943.
Sicuramente ha partecipato agli eventi bellici come troverà scritto in un diario del Ten. Colonello D'Agata, che le invio in allegato, (documento redatto nel 1945 molto raro) nel quale si parla delle batterie di Melachia nel giorno 20 settembre e delle postazioni meridionali nei giorni successivi.
Molto probabilmente suo nonno fu protagonista negli eventi di quelle giornate che portarono poi alla sconfitta ed alla conseguente cattura dei soldati intorno al 25 settembre.
Tornando poi al foglio matricolare sembrerebbe che il nonno abbia fatto la prigionia in germania da quando è stato catturato (molte volte le date delle dichiarazioni sono indicative, poichè effettivemente il 9 settembre non era ancora successo niente ne Corfù ne a Cefalonia) fino atutto il 29 gennaio 1945.
In quanto alla fuga, il foglio matricolare, non la prevede e se fosse la verità probabilmente il nonno è stato catturato successivamente, come capitato ad altri soldati, mo non lo ha dichiarato sul foglio matricolare forse per paura di un trattamento o economico o pensionistico minore.
Nel pdf troverà una piantina militare di corfù e se gurada nella punta sud dell'isola troverà Melichia ed un simbolo con scritto 7-III/33° 75/13 che significa 7ª batteria del III gruppo del 33° artiglieria con pezzi da 75/13.
Nella speranza di essere stato sufficentemente esaustivo la ringrazio per l'interessamento e colgo l'occasione di chiederle il favore di inviarmi una foto di suo nonno possibilmente di quand'era militare per poter aprire assieme alla copia del foglio matricolare un fascicolo a suo nome da mettere nel nostro istituto storico presso l'università di Arezzo.
Cordiali saluti
Orazio Pavignani
09 marzo 2012
Gentilissimo Sig. Orazio,
ho trovato conferma delle sue indacazioni, relativamente alla collocazione di mio nonno Angelo Pagnoncelli, alla data dell'8 Settembre 1943 a Corfu' nella 7^ batteria del 33^ Regg., in quanto sfogliando l'archivio storico ho trovato una lettera, che allego, inviata dall'artigliere Forti Umberto (anche lui facente parte della 7^ batt.) al Capitano della 7^ Batteria Renzo Apollonio, nella quale il Capitano dice a Forti che nel Luglio del 1943 fu trasferito da Corfu' a Cefalonia a Comando della 3^ Batteria.
Grazie per la disponibilità e complimenti per le foto e i documenti raccolti nell'archivio storico.
Un saluto.
Roberto Amato
Gent.ssima Associazione Nazionale Divisione Acqui,
stiamo ricercando delle notizie sul reduce Ezio Scienza, che fu impegnato in Cefalonia e Corfù come fante nel 317° reggimento.
Dalla documentazione del ministero risulta che sia stato catturato dai tedeschi e poi internato nel “campo di concentramento di Cefalonia". E' poi ritornato a casa nel 1945.
Essendo stata una persona molto riservata non ha mai raccontato nulla dell'accaduto e quindi volevamo sapere, se possibile, se vi sono delle notizie riguardo alla esistenza di questo campo, al fine di risalire alla storia del soldato.
Vi ringraziamo per il Vostro lavoro di memoria e di ricordo indispensabile per le generazioni come la nostra che non si rendono conto delle difficoltà e delle atrocità vissute in quegli anni. Per questo ci siamo messi all'opera per ricercare notizie su Ezio e la nostra speranza sarebbe di ritrovare un testimone che lo abbia conosciuto, poichè vorremmo dare una risposta a quelle domande che la famiglia non ha mai ricevuto.
Grazie di tutto
Massimo Perenzoni (nipote del reduce)
Alessandro Caprara (membro dell'associazione storico culturale “Memores" di Ala, Trento)
13 febbraio 2012
Le informazioni di cui disponiamo non sono molte, per cui tracciare una storia sul Reduce Ezio Scienza non è facile.
Il fatto che facesse parte del 317° reggimento fanteria ci può solo dire che poteva far parte della classe 1922/23 o del 1917, che ha fatto l’addestramento presso la caserma del 18° fanteria a Silandro (BZ) per essere inviato a Zante , via Bari, dove il 317° rimase di presidio fino al febbraio del 1942 quando fu trasferito nell’isola di Cefalonia.
Il 317° era diviso in tre battaglioni e ognuno di essi aveva destinazioni e compiti diversi: il 1° battaglione era di presidio nella costa orientale dell’isola e la sua terza compagnia fu mandata a presidiare l’isola di Itaca; Il secondo battaglione era di riserva nella zona dell’aeroporto a Minies, nella parte sud occidentale dell’isola;
Il 3° battaglione era situato nella parte nord occidentale a presidio dello snodo tattico del villaggio di Kardakata. La compagnia comando Reggimentale era accampata nel villaggio di Valsamata nella valle di Omaha presso il monastero di San Gerasimos.
Durante la battaglia di Cefalonia questi tre reggimenti ebbero impieghi diversi: il terzo fu quello che partecipò maggiormente ai combattimenti sempre nella zona nord occidentale e precisamente lungo la carrabile Pharsa – Kardakata nel tentativo di riprendere la posizione tattica, concessa ai tedeschi dal generale Gandin; il 1° battaglione fu richiamato dalla zona di Sami/S.Eufemia a occidente nel villaggio di Divarata sempre con lo scopo del 3° battaglione ma con l’obbiettivo del ponte di Kimoniko, dove ingaggiò una cruenta lotta ma fu sconfitto e disperso soprattutto dal peso dell’aviazione nemica; Il 2° battaglione fu richiamato a rinforzo degli altri ma non potè intervenire poiché venne anticipato e catturato dai tedeschi. I soldati della reggimentale, rimasti fuori dalle battaglie e avendo imparato degli eccidi, prese la strada della montagna rifugiandosi alla Villa Inglese, per poi consegnarsi ai tedeschi quando furono presi dalla sete e dalla fame.
Come vede i teatri d’azione del 317° erano diversi fra loro per cui non è facile collocare il nostro Ezio senza ulteriori informazioni.
Per quanto riguarda il campo di Concentramento, non ne esisteva uno vero e proprio a Cefalonia, ma tutti i soldati che catturati scamparono all’eccidio furono chiusi all'interno della Caserma Mussolini e all’interno delle prigioni di Argostoli. In questi spazi ne vennero ammassati almeno 6000 al caldo cocente, alla sete e alla fame. Ma vi rimasero non più di un mese in quanto vennero imbarcati per essere trasportati nei campi di concentramento europei.
Di circa 6/7 imbarchi tre finirono molto male: il 1°(Nave Ardena) incappò in una mina nel golfo di Argostoli e scoppiando affondò uccidendo 700 degli 820 prigionieri che aveva a bordo; il 2° (Maria Marta) ed il 3° (margherita) furono oggetto di attacchi da parte degli alleati e affondarono al largo di Patrasso portando con loro altre 600/700 vittime.
A Cefalonia i tedeschi trattennero circa 1 migliaio di prigionieri che furono addetti al lavoro coatto per il ripristino delle difese costiere distrutte dai loro stessi bombardamenti.
Auspicando di esser stato sufficientemente esaustivo e a disposizione per altre richieste, distintamente saluto.
Orazio Pavignani
06 marzo 2012
Gentile Sig. Pavignani,
Le sue notizie ci sono state molto utili, siamo riusciti a risalire almeno in parte al tragitto compiuto da Ezio.
La ringraziamo ancora
Distinti Saluti
Massimo Perenzoni
Alessandro Caprara
Alla vostra cortese attenzione:
io sottoscritto Dr Giuseppe Crocetti, medico presso l'Ospedale di Pontedera (PI), chiedo vostra collaborazione per ricerca di mio zio Albertoni Giuseppe, nato il 01/08/1918, militare presso il 3° Gruppo Obici 75/13 33 Reggimento Artiglieria della Divisione Acqui, scomparso in guerra non si sa se a Cefalonia o in altro luogo. Vorrei sapere se e' possibile inviare foto o contattare qualcuno per avere qualche informazione. Le ultime informazioni avute da lui tramite lettera ai genitori riferivano sua presenza a Cefalonia.
Aspetto vostre indicazioni e vi ringrazio find'ora della vostra collaborazione.
21 febbraio 2012
Spett. Dott. Crocetti,
le notizie che possiamo avere del soldato Albertoni Giuseppe, nato a Fivizzano (MS) il 01/08/1918 e dato per morto in combattimento in territorio Greco il 30/09/1943, sono le stesse che forse lei già possiede.
Il suo nome risulta nell'elenco “Onore ai caduti" dell'associazione nazionale Divisione Acqui, e ora anche di pubblico dominio in questo sito.
Da quello che si deduce dalla data e zona di morte, sembra che il signor Giuseppe sia morto in combattimento il 30 settembre in territorio greco. Il 3° gruppo era sicuramente a Corfù e comunque è difficile pensare che possa essere morto in combattimento il 30/9. Anche se fosse riuscito a sfuggire alla cattura e riparare come tanti fuggiaschi nel continente Greco è improbabile che potesse già combattere, visto lo scarso lasso di tempo trascorso fra la Battaglia di Cefalonia o quella di Corfù e il suo arrivo in grecia, con le formazioni partigiane contro i tedeschi. Purtroppo l'elenco dei caduti non sempre è basato su notizie certe e la sua appartenenza fa pensare che esso sia morto o disperso in combattimento a Cefalonia, ma senza che nessuno potesse avere la certezza di quanto capitatogli.
Proprio per il fatto che sia disperso o morto non ci permette di avere maggiori notizie, come in tanti altri casi analoghi, l'unico modo per poter saperne di più sarebbe quello di aver la fortuna di trovare qualche soldato che fosse nella sua stessa batteria e che magari avesse scattato qualche fotografia insieme a Lui, ma purtroppo questo non è assolutamente facile. Il fatto poi che il III gruppo fosse a Corfù non ci da la certezza che dopo l'8 settembre fosse in quell'isola, perchè diversi artiglireri furono trasferiti a Cefalonia.
Ringraziandola per essersi rivolto a Noi e spiaciuto di non essere stato maggiormente esaustivo la saluto cordialmente.
Orazio Pavignani
Egregi Signori
Come quasi ogni anno, all’inizio di gennaio, ricorrenza dei tragici avvenimenti sul fronte russo del 1942-43, ho ripreso in mano le lettere e i documenti che mio padre scrisse da quel lontano paese prima di scomparire, assieme ad altri 70-80.000 ragazzi italiani.
E’ tanta la sofferenza che provo quando rivedo questi vecchi cimeli e rileggo le lettere di un ragazzo che, sposato da appena sei mesi e con la giovane moglie incinta, è mandato in un paese lontano, così diverso dal nostro, dove si rende conto ogni giorno che passa che il ritorno diventa sempre più difficile.
Ho così scoperto che prima di far parte del II° Btg. del 277° Fanteria della Divisione Vicenza con la quale è andato in Russia, nel 1941-42 era a Silandro (BZ) nel 17° Fanteria Divisione Acqui. Di quel periodo conservo alcune cartoline, il libretto dei canti della Divisione e fotografie da solo e con altri commilitoni (nella foto di gruppo è il terzo da destra) che Vi allego per il vostro archivio.
Allego anche una breve storia delle sue vicende militari che lo hanno portato a disperdersi nella steppa russa.
Un grazie di cuore per l’impegno con il quale tenete vivo il ricordo dei nostri giovani.
Giovanni Duina
Buongiorno e Buon 2012 a tutti,
sono a chiedere informazioni in merito della bibliografia che avete catalogato accuratamente sul sito dell'associazione. Se desiderassi avere alcuni libri o cd-rom/dvd (es. la Registrazione dei discorsi di Don Luigi ghilardini a Verona 1966 e San Remo 1976 – n° 793 del catalogo) posso ordinarli a voi tramite mail o devo contattare direttamente l'editore?
Ho cercato alcuni libri ma sono difficilmente reperibili nelle librerie , tutte mi hanno consigliato di contattare l'editore ma alcuni non riesco a trovarli nemmeno facendo ricerche su internet in quanto sono pubblicazioni risalenti il decennio successivo la guerra. Potreste darmi qualche contatto nel caso specificassi i libri di mio interesse?
Ringraziando anticipatamente ed in attesa di un Vostro gentile riscontro, Porgo nuovamente Buon Anno e Cordiali saluti a tutti.
Cinzia Morando
(nipote di un reduce di Cefalonia)
02 gennaio 2012
Carissima Cinzia,
Nel catalogo in ogni tabella relativa a un titolo, in basso a destra, in una casella (Disp) ci sono le consonanti
C-D. Quando trova questa dicitura significa che i titoli corrispondenti sono in forma Cartacea e anche in forma Digitale.
Scelti i titoli che corrispondono a questa caratteristica, me li può indicare ed io le farò avere il cd con quanto lei desidera. Un'altra soluzione è quella di cercare su E-Bay. Digitando Divisione Acqui o Cefalonia si possono trovare molti testi che solo 5 anni fa erano introvabili.
Mi faccia sapere.
Come “storico" dell'Associazione sto raccogliendo materiale sui reduci e no della “Acqui" per cui se avesse qualche foto di suo Nonno/zio di quel periodo, qualche lettera, insomma qualsiasi cosa e olesse farmelo avere, sarei lieto di aprire un fascicolo personale da inviare al nostro Istituto storico ad Arezzo.
Cordiali saluti.
Orazio Pavignani
03 gennaio 2012
Buongiorno Sig. Pavignani,
la ringrazio per la celere risposta, provvederò a fare una cernita di alcuni testi che mi interessano in modo tale da risparmiare sulla spedizione; inoltre sto cercando foto di mio nonno durante il periodo passato a Cefalonia tra i miei parenti e documenti presso le istituzioni, appena ho raccolto un po' di materiale provvederò con piacere ad inviarlo alla sua attenzione in modo da poter aprire il fascicolo ad Arezzo e magari, chissà, poter scoprire qualcos'altro sulla vita di mio nonno passata sull'isola.
Grazie ed a risentirci.
Cordialmente
Cinzia Morando
Sto cercando notizie su Bortone Antonio del " 18° Reggimento batteria di accompagnamento " Divisione Acqui , di stanza a Corfù.
Da Ministero Difesa Commisariato Generale Onoranze Caduti in guerra risulta: Antonio Bortone, nato il 3.10.1922 a Lacedonia- luogo di sepoltura sconosciuto – data decesso 12.3.1945.
Qualora l'Associazione potesse indicarmi ogni notizia utile o elenco dei caduti della Divisione Acqui ringrazio anticipatamente.
Paolo Manzan
21 novembre 2011
Gentile signor Paolo,
una prima ricerca fatta nell’elenco dei nostri caduti non ha dato risultati sul conto di Bortone Antonio.
La data del decesso ci informa senza ombra di dubbio che il signor Antonio è deceduto durante la prigionia.
Mi crea qualche dubbio la sua appartenenza: “18° reggimento batteria di accompagnamento” non specifica se lo stesso facesse parte del 18° reggimento Fanteria o altro.
Sarebbe opportuno fare una ricerca all’archivio di stato di Padova o della provincia del distretto militare di appartenenza nel signor Bortone.
Se come lei pensa faceva veramente parte della Acqui, non risulta, come in tanti altri casi nell’elenco dei nostri caduti.
Se dovessimo venire in possesso del foglio matricolare forse ne ricaveremmo maggiori informazioni.
Cordiali saluti
Orazio Pavignani
Gentilissimi,
sono la nipote di Alfonso Zuin, un soldato della Divisione Acqui, scampato all'eccidio di Cefalonia, poi finito in un campo in Russia e mai più tornato.
E' sempre stato considerato “disperso", finchè il 10 marzo 2010 mi è stato comunicato che Alfonso Zuin, nato a Limena (PD) il 2 novembre 1919 (lui in realtà era nato il 12, ma gli altri dati coincidono) risulta deceduto il 14 aprile 1944 in Russia, in un campo non noto.
Io sono in possesso delle copie di alcune lettere e cartoline che scrisse fino al settembre 1943 alla sua fidanzata, poi più nulla. Per i miei nonni è stato un dramma mai superato, per tutta la famiglia un lutto costante.
Altre notizie di Alfonso Zuin: era un geniere della 33esima Compagnia mista TRT, drappello 2736. Il 18 aprile inviò una lettera dalla Caserma Regina Elena di Mestre, l'ultima da Cefalonia il 29 agosto 43 per posta militare 412. Un suo commilitone, tale Dolfini, riuscì a sopravvivere al lager: tornato a casa venne a cercarlo e asserì che a fine guerra era ancora vivo e che lui l'aveva lasciato però ammalato (di tifo?) quando si erano separati. Questo racconto non coinciderebbe con la notizia della morte che si trova su Onorcaduti
Ora chiedo a voi se è possibile sapere qualcosa di più di lui, se c'è una bibliografia che posso consultare.
Mi chiedo anche se esistano gli elenchi dei soldati che fecero parte della Brigata, e come si possa conoscere la data della morte ma non il luogo in cui è morto: ci sono forse elenchi dei morti o raccolte di piastrine?.
Infine un'ultima domanda: dei soldati internati nei campi tedeschi esistono elenchi relativi ai vari campi? Lo chiedo perchè anche mio padre Antonio, fratello di Alfonso è stato due anni prigioniero in un lager, in Slesia, ma non so esattamente in quale campo e vorrei scoprirlo.
Un saluto cordiale e un grazie di cuore.
Elvira Zuin
22 ottobre 2011
Gentilissima signora Elvira,
è molto difficile sapere di più di Alfonso Zuin di quanto Lei non sappia già. Le possibilità di maggiori informazioni possono dipendere da due fattori: 1 richiedere all’archivio di stato della provincia del suo distretto militare, il foglio matricolare, che senz’altro esiste ma non è detto sia compilato per l’intero dal momento che Alfonso è morto in prigionia; l’altro è quello di fare delle indagini all’archivio di stato di Friburgo in Germania e forse lì potrà reperire informazioni sull’ internamento di suo zio. Ma anche questa soluzione, lo dico perché ho già fatto una ricerca, non è detto che dia risultati certi.
Per quanto riguarda il fascicolo Onorcaduti, succede spesso che le informazioni non siano assolutamente precise, in quanto è stato redatto sulla base di testimonianze di militari che sono tornati e spesso, pur essendo verosimili, riportano piccole inesattezze.
Purtroppo non esistono elenchi o una bibliografia specifica che possano darci maggiori dettagli e a distanza di così tanto tempo non è facile trovare qualche suo commilitone. In tutti i casi girerò la sua mail a Valerio Mariotti (anche lui nipote di un geniere Trt disperso a Cefalonia) che sta facendo un ottimo lavoro proprio su quel reparto sperando possa trovare qualche altra risposta per le sue domande.
Ho fatto una ricerca su Onor Caduti ma non ho trovato il nome dello zio, potrebbe indicarmi il n° di Pagina.
Se non le dispiace metterei anche la sua lettera nel sito dell’associazione per avere una forbice maggiore di ricerca.
Se poi avesse piacere, sto realizzando un’archivio di fascicoli ad personam da mettere nel nostro istituto storico, per cui se volesse farmi avere copia del materiale dello zio e magari una fotografia dell’epoca sarei ben lieto di inserirlo..
In attesa di sua notizie e sperando di esserle stato utile la saluto cordialmente.
Orazio Pavignani
28 ottobre 2011
La ringrazio per la cortese quanto dettagliata risposta. Ora ho qualche pista per ulteriori ricerche.
Succede però qualcosa di strano: non riesco più a trovare il nome di mio zio in Onorcaduti, eppure ho la mail del 30 marzo 2010 che conferma i dati ricevuti allora. Non so che dire, ci proverò ancora.
Quanto ai materiali, in occasione delle prossime ricorrenze vedrò i miei anziani zii, fratelli di Alfonso e chiederò loro il permesso di pubblicare la foto e le lettere: per quanto la fidanzata le abbia lasciate a me poco prima della morte (avvenuta tre anni fa e in casa dei datori di lavoro di mio zio, che l'avevano accolta nei suoi ultimi anni, quando era rimasta sola; lei non si era mai sposata e l'aveva sempre atteso, una storia incredibile), non mi sento di diffonderli senza il loro permesso.
Ancora grazie
Elvira Zuin
Nel ringraziare la Redazione dell'Associazione Acqui per il cortese invio delle gradite notizie relative alla Vostra gloriosa Associazione, desidero segnalarLe che presto Le invierò invito a partecipare al Convegno dell'Associazione Italiana Volontari della Libertà programmato a Milano per la data di Domencia 20 novembre 2011. Sarei lieto di poterLa avere ospite e di poter presentare a Milano la Sua gloriosa Associazione.
Poiché sono originario della Puglia, essendo nato a Maglie nel 1966, località che si trova nei pressi di Otranto, e poiché ho incontrato poi a Milano dei familiari della Gloriosa Divisione Acqui, sono sempre stato particolarmente coinvolto dalla ricosctuzione storica della tragica vicenda di Cefalonia e dalle testimonianze di eroismo che hanno contraddistinto i militari italiani a Cefalonia.
Pertanto, non Le nascondo che sarei lieto di poter incontrare la Sua Associazione al fine di poter avviare una felice collaborazione. Sarei lieto se Lei volesse accettare la Presidenza onoraria dell'Associazione Italiana Volontari della Libertà, che inseme ad alcuni ex Partigiani e Combattenti antifascisti abbiamo formalmemnte costituito a Milano nel 2010, dopo diversi anni di attività nella promozione culturale antitotalitaria.
Spero che anche il nostro contributo possa aiutare le Associazione antifasciste a superare la crisi di credibilità in cui è caduta da qualche anno a questa parte la Federazione Italiana Volontari della Libertà, dopo la scomparsa del rimpianto Presidente Senatore a Vita Paolo Emilio Taviani e dopo le dimissioni della Prof.ssa Paola Del Din, Medaglia d'Oro a V.M.
Nell'attesa di poeter avviare con nla Vostra Associazione una valida e proficua collaborazione, e nell'attesa di poter conoscere il suo gradimento in ordine alla nomina a Presidente onorario della Nostra Associazione di Milano, sarei lieto anche di sapere se posso presentare domanda di adesiuone alla Vostra Gloriosa Associazione, sempre che il vostro Statuto lo permetta.
Nell'attesa di presto incontrarLa, e complimentandomi ancora per l'efficienza della Sua associazione, prego voler gradire cordiali saluti.
Raffaele Paolo Coluccia
Presidente dell'Associaizone Italiana Volontari della Libertà
Presidenti onorari, partigiani e combattenti antifascisti:
Romano Levoni
Orazio Pizzigoni
Cesare Grampa
25 agosto 2011
Sono il figlio di un, reduce di Corfù, che è miracolosamente riuscito a tornare in Patria con pochissimi commlilitoni. Ho sentito raccontare da mio padre Paolo, fin da bambino, dell'eccidio della Gloriosa Divisione Acqui.
Mi raccontava, (quelle rarissime volte in cui riusciva a parlarne), della vita sull'isola, dei suoi Compagni d'arme, della sua umanità e quella dei Soldati Italiani nel trattare i prigionieri (partigiani greci) e di un episodio, in particolare, in cui ebbe salva la vita perchè riconoscuito da un capo partigiano che, in prigionia, ricevette le giuste cure da alcuni soldati Italiani, tra questi mio Padre. Cosa che, invece, non facevano i nazifascisti.
Mi ha raccontato, inoltre, della sua fuga verso Brindisi, di aver subito il mitragliamento in mare da parte di aerei, non si sa se amici o nemici, del loro recupero in mare da parte, prima di un fatiscente peschereccio greco, poi di una nave da guerra Italiana una nave, raccontava , il cui equipaggio, per nutrirsi , cercava di arpionare i delfini. E fu proprio durante una di queste “Caccie" che la caviglia di mio padre si impigliò nella corda dell'arpione scagliato da un marinaio e trascinato in mare. Mio padre non sapeva nuotare, imparò poi, ma in quella circostanza fu proprio un Delfino che lo tenne a galla in attesa che qualcuno dalla nave gli lanciasse, credo, una cima. L'arrivo a Brindisi e dopo lo sbarco ad Anzio.
Fu tra i primi ad entrare a Roma liberata, mi raccontava, ma non ho capito bene perchè, durante lo sbarco indossava l'uniforme americana. In paese, a Montecompatri, quando riuscì a tornare, la prima persona che trovò, mia cugina Anna Pucci che non lo riconobbe e si spaventò a morte in quanto un soldato americano la stava abbracciando. Si tranquillizzò quando realizzò le insistenti e decise parole di mio Padre “sono Paolo…sono Paolo".
Ho frammenti della sua vita a Roma, del suo impiego a Palazzo Baracchini, mi parlava di un Colonnello , il Colonnello Delfino e del suo “attendende" (non ricordo il nome), degnissime persone che gli vollero bene, tanto che si offrirono come testimoni di nozze quando Papà sposò Maria Moscatelli (mia madre)
Ogni anno, e per tutti gli anni della mia vita che sono passati e che passeranno (ho 57 anni) ho mantenuto e manterro' nel mio cuore, saldamente vivi questi ricordi ed in particolare, ho sempre individualmente trasmesso a chi mi è stato e mi è ancora accanto, il ricordo di quell'eccidio infame perpetrato dalla wehrmacht (lo scrivo minuscolo, ma solo in questa circostanza). Ancora…nei tristi ricordi, mi parlava di un suo paesano GUIDO FIORAVANTI di Montecompatri (Roma), meno fortunato di lui. Ho trovato il suo nome in una lapide al Monumento dedicato ai Caduti di Montecompatri “….deceduto… Isole greche…"
Mio padre è venuto a mancare l' 8 marzo 1993, ma durante la sua vita ed in particolare negli anni in cui fu “colpito" da gravi malattie, non ha mai dimenticato la sua Divisione, di cui era fiero ed orgoglioso di “appartenervi ancora". Per suo espresso volere, mi ha chiesto di parlare, quando io l'avrei ritenuto possibile, dell'eccidio di Cefalonia all sua amata nipote, Valeria mia figlia che ha ora 24 anni e sta servendo la Patria.
L'ho visto, per la prima volta, piangere nel corso di un documentario televisivo intitolato, credo… non ne sono tanto sicuro, “La Divisione Acqui di Cefalonia" . Si! l'ho visto piangere alle parole del giornalista che, in chiusura di programma, commentava l'immagine di un grosso e fumoso incendio, che negli anni sessanta colpi' parte dell'isola, con le parole degli abitanti che quando si manifestano tali calamità ancora dicono: …"è la Divisione Acqui che sale in cielo".
Con devozione e rispetto.
dr.Victor Ugo EMILI
7 ottobre 2011
Signor Emili buonasera
Mi scuso per il ritardo con il quale le rispondo ma ho sempre tenuto d’occhio la sua appassionante lettera in attesa di poterle rispondere.
Non c’è niente da dire tranne per il fatto della divisa americana dopo il suo ritorno in patria.
Molti Italiani, soprattutto quelli del 18° fanteria di stanza a Corfù, (forse vi apparteneva anche suo padre) furono aggregati alla V armata americana in qualità di personale di supporto e molte volte per la loro conoscenza del territorio. Pensi che a Bologna (la mia sezione) ho un reduce ancora vivente del 18° rgt. Fnt. Che con la V armata tornò nella zona in cui era nato a terminare il periodo bellico. Egli conserva ancora un encomio di parte americana.
La ringrazio ancora per questa preziosa testimonianza e le invio i più cordiali saluti.
Orazio Pavignani
Buonasera,
vi scrivo per sapere se è ancora possibile visitare il luogo dove furono barbaramente uccisi i soldati della Divisione Acqui a Cefalonia, ovvero la Casetta Rossa. Ho letto che il proprietario non lo permette è ancora così?
Il 27 agosto partirò per quest'isola e vorrei visitare i luoghi che videro protagonisti i soldati italiani: il museo ad Argostoli e il monumento di Cima Telegrafo. E possibile o ci vuole qualche permesso speciale.
Sono un'appassionata di storia, in particolare di questa parte, spero possiate rispondermi al più presto.
Distinti saluti
Silvia Lombardo
Gentile Silvia,
la invidio un po’ in quanto non riesco, quest’anno, ad andare sull’isola, per cui le auguro buon viaggio è le trasmetto molto volentieri le informazioni che mi ha richiesto.
E’ vero la casetta rossa è di privati, ma quel signore è talmente gentile (durante la guerra aveva ospitato il tenente Nicola Ruscigno uno dei pochi scampati all’eccidio della casetta rossa) che molte volte ha aperto la sua casa ai visitatori. Ma la casa è stata completamente ricostruita e mantenuta rossa in rispetto a quanto avvenne quel fatidico 24 settembre 1943. C’è da dire (come avrà certamente letto) che nel cortile di quella casa gli ufficiali, che poi vennero fucilati, furono solamente ammassati per poi essere condotti […] “a quattro o otto alla volta” [….] in prossimità di fosse naturali (si dice fossero tre) dove i loro corpi, falcidiati dai colpi di fucile, vi cadevano dentro. L’unica fossa rimasta, ed attualmente considerata sito di interesse storico, la troverà circa ottocento metri più avanti della casetta rossa (Capo S. Teodoro) (provenendo da Argostoli) ed è situata a destra, sul ciglio della strada circondata da una rete verde e segnalata da un’apposita targa. Proprio di fronte alla fossa, c’è una strada che, dopo circa 500/600 metri sbuca su Cima Telegrafo dove c’è il nostro monumento. Quando sarà in questo posto, a destra, sulla curva, guardando il monumento, troverà una stradina ghiaiata e dopo averla imboccata, sempre sulla destra, troverà una cappelletta, eretta da un componente della III batteria contraerea del Capitano Arpaia, che essendo formata da molti ufficiali intellettuali, era chiamata la batteria dei filosofi. Se avrà la bontà di guardare all’interno del verde dietro alle sue spalle, guardando la parte frontale della cappelletta, troverà ciò che rimane di una casermetta di quella batteria.
Un altro consiglio che mi permetto di offrirle, è quello di andare al Museo della Acqui, che ritrova ad Argostoli, può chiedere di Bruna De Paula, e magari portarle anche i miei saluti: è una persona molto disponibile che le può dare molte informazioni, ma soprattutto, oltre a visitare il museo e poter leggere tante testimonianze, potrà trovare una pubblicazione: “L’itinerario della Memoria” che la potrà guidare a vedere molti altri posti emblematici dell’Eccidio di Cefalonia, a partire dal campo di Troianata dove fu eseguito il massacro più grande di 631 uomini tra ufficiali e soldati.
Se poi è coinvolta in questa storia potrebbe anche inscriversi alla nostra Associazione per poter dare quel piccolo contributo che ci aiuta a portare avanti il ricorda e la memoria della ” Divisione Acqui”.. Scusandomi per essere stato prolisso le auguro un buon viaggio e le ricordo alcune belle spiagge, che meritano di essere visitate e sono:
Mirtos, Antisamos (in quella baia sono state girate molte scene del film “il mandolino del Capitano Corelli”) Petani Beach (nella parte occidentale) XI (a sud di Lixouri – detta “spiaggia rossa" dove ci si può fare i fanghi attingendo la creta dalle pareti della montagna), Aghia Kiriaki (nei pressi di Angona: baia dove sbarcarono i tedeschi).
Il redattore
Orazio Pavignani
Egr. Sig. Pavignani,
la ringrazio molto per la sua sollecita risposta e sono molto contenta delle sue indicazioni, che seguirò alla lettera. Non vedo l'ora di arrivare e spero, che l'isola sia meravigliosa come mi dicono, perchè ho coinvolto mio marito e alcuni amici in questo viaggio e devo essere sincera, l'unica appassionata all'argomento sono io.
Per quanto riguarda l'iscrizione all'Associazione sarebbe certo cosa a me gradita, ma vorrei sapere il costo annuale, dato che sono iscritta ad altre associazioni e vorrei seguire anche quella in memoria degli alpini dell'Armir.
Grazie ancora per le sue preziose informazioni e mi rivolgerò senz'altro alla Sig.ra De Paula.
Ma il Museo ha degli orari specifici?
A presto
Silvia Lombardo
Gentile Silvia,
mi spiace risponderle solo ora, ma solo ora (date le ferie) ho trovato la sua mail.
In questo momento Lei sarà già a Cefalonia e in parte avrà già fatto quello che le avevo consigliato e avrà già scoperto molte cose dell'isola.
Le modalità per iscriversi alla nostra Associazione le trova sul nostro sito nella pagina iniziale, ma le comunico fin da ora che la stessa costa 15.00 euro annuali.
Attendo, se lo vorrà, un piccolo resoconto del suo viaggio che sicuramente non l'avrà delusa.
Cordiali saluti
Orazio Pavignani
02 giugno 2011
Salve mi chiamo Foriglio Giuseppe Francesco,
da poco ho ritrovato il Foglio Matricolare di mio nonno Furiglio Giuseppe dichiarato disperso 8.9.1943 in Grecia.
Domanda:
Nato il 26.7.1921 a Cinquefrondi (R.C.)
Cordialmente
Foriglio
Gentile signor Foriglio,
da quello che si evince dal foglio matricolare di suo nonno si può affermare con certezza che egli faceva parte della Divisione Acqui.
Posso confermarle con altrettanta certezza che era nell’isola di Cefalonia. Il fatto che il foglio matricolare lo assegni alla 9ª compagnia non ci dice purtroppo molto poiché non sappiamo di fatto di quale battaglione si trattasse. Per cercare di immaginare una sua collocazione in quello scenario di guerra le posso fornire solo delle informazioni generali sul 317° reggimento fanteria: era formato da tre battaglioni – il 1° era di presidio nella parte nord orientale dell’isola e la sua 3ª compagnia dislocata a Itaca; a combattimenti iniziati questo battaglione fu richiamato a combattere nella parte nord occidentale dell’isola nel tentativo di riprendere il nodo cruciale di Kardacata. Il 2° era di riserva a Minies nella parte sud occidentale (zona aeroporto) fu richiamato per lo stesso scopo del 1° ma non riuscì ad intervenire poiché venne anticipato dai tedeschi e fu catturato senza combattere;
il 3° era di presidio nella città di Kardacata e fu il battaglione del 317° che ebbe i maggiori scontri con i tedeschi.
Il nome di suo nonno è comunque riportato anche nel libro “Onore ai caduti” insieme a quello di altri 3800 sodati morti per la Divisione Acqui.
La data riportata 8/9/1943 è una data inesatta in quanto in quella giornata non successe nulla sull’isola e nessuno morì. La collocazione Grecia è una collocazione molto generica.
Queste due caratteristiche dimostrano che il nonno è dato per morto, ma senza altre informazioni, come per altro succede per molti soldati della Acqui.
Rimanendo a sua disposizione per altri chiarimenti e nella speranza di esserle stato utile la saluto cordialmente
Orazio Pavignani
Gentilissimo Signor Pavignani,
non può immaginare la gioia che mi ha regalato nel comunicarmi queste informazioni!
Riguardo la differenza di cognome tra mio nonno Furiglio e il mio e di mio padre Foriglio è dovuto all'usanza di espressione dialettale del paese e del personale del Comune anche essi non esperti nella lingua italiana.
Ancora qualche domanda se si può…
Quando e da dove sono partiti con la nave?
Sull'uniforme di mio nonno si intravede una decorazione….era un graduato o altro?
Si può richiedere una pergamena con tutti i dati sia di mio nonno e del 317° reggimento Fanteria Acqui, per allegarla alla sua foto?
Spero di non chiedere troppo….
Se mi permette un abbraccio e grazie mille per il Vostro contributo!
Giuseppe Francesco Foriglio
Gentile signor Foriglio,
la maggior parte dei soldati del 317° fanteria, partì dal porto di Bari del marzo del 1942, ma ho diverse testimonianze da parte di fanti dello stesso reggimento che sono arrivati nell’isola attraverso viaggi in treno. Come si evince dalla nota storica allegata, questo reggimento era formato da molti richiamati della classe ’17 (mio padre) e le leve del ’21 e 22.
Il fatto che il nonno fosse della leva 1921 ci fa pensare che i nastrini che sono sulla sua divisa non possono essere decorazioni, e forse possono essere il segno di una possibile qualifica. Il nonno non era un graduato ma era un soldato semplice. Per la pergamena non so cosa dirle, ne parlerò nella prossima giunta Nazionale.
Ringraziandola per le belle parole ricambio l’abbraccio e le invio i più cordiali saluti.
Orazio Pavignani
Domanda: sul foglio matricolare del nonno c'è scritto 9° Compagnia P.M. 2 Grecia (P.M.2) che significa?
Un abbraccio
Giuseppe
P.M.2 significa Posta Militare 2 e cioè il codice che indicava l’ufficio postale situato a Cefalonia in quel periodo. Questa codifica permetteva di individuare facilmente, agli addetti ai lavori, la provenienza della corrispondenza.
Per maggiori informazioni sulle caratteristiche della Posta Militare può far riferimento a mio nome a questo indirizzo mail:rcapuano@teletu.it
Grazie per l’interessamento e cordiali saluti.
Orazio Pavignani
Salve sono il figlio di un reduce della divisione acqui volevo sapere se è possibile trovare una medaglia con relativo nastro della divisione.
Grazie per la risposta.
Davide
Caro Davide,
delle medaglie della divisione acqui ce ne sono tante e di diversi tipi. Sono quasi tutte commemorative e non è facile trovarle. Un consiglio che ti do è quella di salvare una ricerca specifica su Ebay dove io stesso ne ho trovate tante, aste permettendo naturalmente.
Ciao
Orazio Pavignani
Salve,
scusatemi per il disturbo.
mi chiamo francesco distefano. Sto cercando di recuperare informazioni su un caduto dell'eccidio di Cefalonia, qualora fosse possibile. Era il fratello di mio nonno. Il suo nome era Biagio Bini.
Saprebbe indicarmi dove posso trovare informazioni. O a chi chiedere, eventualmente?
vorrei poter raccontare a mio nonno di suo fratello vi sarei immensamente grato se riusciste a fornirmi altre informazioni.
grazie mille
Francesco Distefano
Nessun disturbo
trovare le informazioni non sarà facile. Cercheremo comunque di trovarle e le faremo sapere.
Lei intanto può richiedere il foglio matricolare all'Archivio di Stato della provincia del distretto militare dello zio.
grazie, chiederò al distretto militare, anche se non penso che si saprà molto, poiché, ufficialmente disperso in guerra, venne riconosciuto come “caduto in guerra" solo dopo 10 anni. Il tutto, solo grazie alla testimonianza di un reduce della Acqui che ricordò di averlo visto l'ultima volta correre verso il fronte dei combattimenti carico di munizioni, mentre lui cercava salvezza.
Caro Francesco,
le allego un pdf del fascicolo “ onore ai Caduti” nel quale, a pag. 22, 5ª riga della prima colonna a sinistra, risulta il nome dello zio.
A meno che non si tratti di un omonimo, ma non credo, Bini Biagio nato a Comiso il 20/7/1920 appartenente al 317° reggimento fanteria ed è descritto come disperso in combattimento a Cefalonia il 23 settembre 1943.
La descrizione concorda con quanto affermato del reduce della Acqui che lei menziona, poiché quasi tutto l’elenco che le invio è stato redatto sfruttando le testimonianze ed i ricordi dei superstiti.
Se per caso lei avesse una fotografia dello stesso le saremmo gradi se ce la facesse avere, per poter, con la stessa creare un fascicolo a nome Biagio Bini da mettere nel nostro istituto storico di Arezzo.
Probabilmente apparteneva o al I° battaglione, che era di presidio nella parte nord orientale dell’isola ma che fu richiamato a combattere presso il ponte Kimoniko nel tentativo di riprendere quella posizione, o al III° battaglione che presidiava il villaggio di Kardakata e che ebbe aspri scontri con i tedeschi, dal momento che fu prima richiamato verso Argostoli per difendere il comando di divisione, ma che fu poi mandato di nuovo verso nord per riconquistare l’importante nodo di Kadakata e fu protagonista di combattimenti nei pressi del villaggio di Pharsa. Difficilmente poteva appartenere al secondo battaglione in quanto quest’ultimo non potè nemmeno combattere essendo in un primo momento tenuto di riserva nella zona a su di Argostoli se non con qualche reparto e quando fu chiamato all’azione venne catturato in larga parte, dai tedeschi che avevano previsto e anticipato la loro mossa tattica. E’ chiaro che quanto le scrivo è frutto di deduzioni generali seguendo il percorso dei vari battaglioni del 317° fanteria, ma penso che questo caduto sia verosimilmente così collocato nella tragedia di Cefalonia
Cordiali saluti
Orazio Pavignani
Buongiorno, mi chiamo Daniele Riavini, recentemente a seguito della scomparsa della mia nonna abbiamo rinvenuto la foto che allego alla presente e-mail. Nella foto è ritratto il fratello di mia nonna Silvio Zambon e sul retro viene riportata la data del 22-2-1942 e dovrebbe essere stata scattata a Cefalonia.
Lo zio Silvio ebbe la fortuna di scampare all'eccidio e per quanto ne sappiamo si era
unito alla resistenza greca.Vi invio anche la scansione della parte posteriore ove si fa riferimento anche all'ufficiale. Conoscendo i tristi eventi accaduti a Cefalonia a seguito dell'8 settembre del 1943 ho ritenuto giusto inviarvene copia, non so se sia possibile rintracciare le famiglie degli altri uomini raffigurati per farne avere una copia. Complimentandomi con la vostra associazione per mantenere vivo il ricordo, vi porgo distinti saluti.
Daniele Riavini
Gentile signor Riavini,
la ringrazio vivamente del prezioso documento che ha voluto inviarci. La ringrazio anche delle belle parole espresse che gratificano ulteriormente il nostro lavoro per l’associazione. Mi scuso per come ha trovato il nostro sito che al momento è un po’ in disordine, ma sto lavorando per metterlo a posto.
In quanto allo zio, posso dirle che dalla foto non si traggono dei riferimenti sicuri sul luogo dello scatto, ma dalla data si possono pensare un paio di cose: fermo restando la sicura appartenenza alla fanteria (insegne sulle bustine), se fosse aggregato al 17° regg. potrebbe essere Cefalonia, in quanto questo reggimento era già sull’isola. Se invece era nel 317° regg. potrebbe trattarsi anche dell’isola di Zante, in quanto il 317° era di stanza su quest’isola prima di trasferirsi a Cefalonia.
Sarebbero per noi utili due cose:
a) avere i dati dello zio, e cioè data di nascita comune della stessa e provincia del distretto militare;
b) dovrebbe cortesemente indicarci quale sodato del gruppo sia Silvio.
Queste notizie ci darebbero l’opportunità di richiedere il suo foglio matricolare all’archivio di stato della sua provincia di appartenenza e ci consentirebbero di aprire un fascicolo da inserire nel nostro istituto storico ubicato presso la facoltà di lettere e filosofia dell’università di Arezzo.
Ringraziandola per la gentilissima collaborazione le invio i più cordiali saluti.
Il responsabile di Redazione
Orazio Pavignani
Sono Patrizia Bernardini e abito a Calci un paesino vicino Pisa, ho sempre sentito parlare in famiglia di un cugino di mio padre morto in giovane età senza mai saperne di più. Una mia collega di lavoro e amica, l’estate scorsa è andata in vacanza a Cefalonia e ha voluto conoscerne la storia, se ne è appassionata e così sono venuta a conoscenza dell’eccidio di Cefalonia. In seguito, parlando con una mia cugina più grande di me, ( sarà stato un caso ma eravamo a Madjugorie) di questa passione della mia amica, mi ha detto che Coraggio Bernardini quel parente morto giovane era morto lì , proprio a Cefalonia. Ho sentito il bisogno di scrivervi perchè, se possibile, vorrei sapere di più su di lui, non so se ci sono ancora documenti lettere ecc..non recapitate alle famiglie. Vorrei riapropriarmi di questo pezzo di famiglia come per accoglierlo tra noi, per non dimenticare. E’ stato per troppo tempo ignorato. Nel frattempo mi studio la storia.
Ringraziando in anticipo porgo distinti saluti
Patrizia Bernardini
Gentile Patrizia,
rispetto a quanto le risposi a suo tempo circa la richiesta di informazioni, le invio in allegato la copia di una dichiarazione, purtroppo non firmata, ma che parla del 317° reggimento fanteria 1° battaglione. In questo documento si fa il nome del S.ten. Coraggio Bernardini, ufficiale di amministrazione fucilato a S. Teodoro (casetta Rossa) come ufficiale che voleva combattere contro i tedeschi. Non sarà molto ma intanto è già qualcosa.
A sua disposizione le porgo i più cordiali saluti.
Orazio Pavignani